Nel pomeriggio del 30 gennaio, in occasione della giornata della memoria, la Facoltà di Giurisprudenza della Sapienza Università di Roma ha ospitato la conferenza: La Sapienza chiede scusa. Leggi razziali, la scuola e l’accademia: riflessioni e testimonianze.
L’incontro è stato pensato come una tavola rotonda, in cui i vari ospiti hanno portato riflessioni o testimonianze riguardo alle leggi razziali (Locandina). Fin dai saluti iniziali del presidente della Facoltà, è stata chiara la volontà dell’Ateneo di evidenziare gli errori del passato, farne ammenda e utilizzarli come lezione per il futuro. A causa delle leggi razziali del 1938 vennero, infatti, espulsi numerosi studenti e docenti ebrei dalla Sapienza.
I relatori hanno affrontato, poi, il dibattito dalle più disparate posizioni. Uno degli argomenti più discussi è stato il ruolo del giurista: il suo dovere morale ed etico in contrapposizione col regime. Molti interventi hanno trattato del valore della legge, di come essa anzichè essere al servizio della comunità, sotto il regime sia diventata nemica del popolo e di come molti giuristi del tempo si siano dimenticati del proprio dovere, in nome di un ideale politico. Le idee proposte sono state davvero numerose e la conferenza si è conclusa, dopo quasi cinque ore, con la presentazione del libro di Iossa e Gianfrancesco, seguita dalla testimonianza di vita di Lea Polgar.
Le leggi razziali sono state il fulcro della discussione e sono state usate come mezzo per dimostrare la privazione dei diritti sotto il nazifascismo. Tuttavia il problema della legge razziale non riguarda solo la legge in sè. Guido Alpa, nel suo intervento, ha affermato che non ci sono caratteri specifici con cui si contraddistinguono gli ebrei. Gli ebrei non sono definibili che per la loro cultura e le leggi razziali miravano a distruggerla. Se fosse stato un problema di costumi, però, sarebbe bastato imporre una religione di stato, delle feste comandate, a cui anche gli ebrei dovevano adeguarsi. I fascisti non hanno cercato di integrarli, li hanno sterminati. Essi non erano interessati ad una società basata sugli stessi valori, ma ad una società uguale, fissa, familiare e gli ebrei evidentemente erano una minaccia.
Le leggi razziali non sono solo la distruzione della cultura, ma l’annullamento dell’identità degli ebrei. Esse sono saldamente legate con ciò che avveniva nei Lager e che Primo Levi descrive come la privazione di umanità, lo svilimento delle persone ad uno stato bestiale. Perciò, è impossibile parlare di leggi se non si parla dei movimenti nascosti che le hanno alimentate e dei pensieri malati che le hanno generate.
Nel corso della conferenza si è parlato molto di giustizia, di lealtà e di bene comune, ma non si è parlato di umanità. L’idea fondamentale alla base del pensiero nazi-fascista era proprio questa: l’essere umano non veniva più visto come tale, veniva privato della sua identità e perciò degradato ad animale sacrificabile. Il fascismo ha annullato migliaia di identità diverse: avversari politici, zingari, malati di mente, disabili e molti altri ancora. Tutte persone che i fascisti non erano in grado di vedere e di comprendere. Non ne hanno semplicemente disprezzato la diversità, l’hanno condanna ed eliminata, poichè loro erano incapaci di conviverci.
Perciò, aldilà delle scuse, aldilà delle riflessioni, quello che bisogna ricordare del fascismo è la sua negazione: la violenza nasce dalla negazione dell’altro, dalla cecità verso la sua realtà umana e dall’impossibilità di confrontarsi col diverso. Bisogna tenerla a mente questa lezione, per evitare che anche al giorno d’oggi l’odio razziale dilaghi. Magari stavolta non più sugli ebrei, ma su un altro indifeso popolo posto come generale capro espiatorio.
«Quando sono nato il mondo era nero come se l’aria fosse inquinata dalla polvere fuligginosa fatta dal fuoco spento. Fuori di me non c’era l’essere, non c’era l’identità umana. ⌊…⌉ Poi udii che si chiamava fascismo… »