Lunedì 18 marzo, alle ore 18, si è svolto il primo dei quattro incontri del Seminario di Scienze della mente, Comunicazione e Violenza di genere: percorsi transdisciplinari presso l’Aula 1 del Dipartimento di Filosofia in Villa Mirafiori.
L’appuntamento, patrocinato dalla SFI (Società Filosofica Italiana), è stato coordinato dal professor Nunzio Allocca e ad intervenire è stata la professoressa Anna Maria Giannini, che ha portato un suo contributo frutto dell’esperienza di studio nel campo del danno psicologico nelle vittime di violenza e della lunga collaborazione con le Forze dell’Ordine.
Il focus della conferenza tenuta dalla professoressa Giannini non è stato tanto l’analisi dei dati quantitativi inerenti alla violenza di genere, quanto più riconoscere il radicamento storico di retaggi a discapito del genere femminile, confutati sia da fatti di cronaca che da opere artistiche. Gli esempi sono molteplici, a partire da Dante Alighieri, che nel Canto V del Purgatorio conversa con Pia de’ Tolomei, vittima della gelosia del marito, passando per la figura di Desdemona nell’Otello Shakesperiano, figura emblematica che mette a rischio il sistema patriarcale dell’alta società Veneziana, anch’essa uccisa per gelosia, fino ad arrivare ai fatti di cronaca odierni che accendono i riflettori su un problema più che mai radicato nella storia e la cultura dell’umanità.
Questo radicamento è esemplificato dal concetto di vittimizzazione secondaria, un processo che permea le pratiche sociali e mediatiche instillando nella vittima di violenza il senso di colpa di chi ha fatto qualcosa di sbagliato.
La professoressa Giannini ha poi aperto una parentesi sul lavoro da parte delle istituzioni in merito alla violenza di genere. Particolarmente interessante è la Convenzione di Istanbul, trattato internazionale per la prevenzione e la lotta contro la violenza sulle donne. Il testo declina la violenza di genere in quattro forme: fisica, psicologica, sessuale ed economica, assegnando a ciascuna di esse un reato annesso.
Un’altra parentesi è stata aperta sulla specificità del caso italiano, dove l’arretratezza dei rapporti sociali e di potere è esplicitata dall’abolizione del matrimonio riparatore e del delitto d’onore, arrivata solo nel 1981, a seguito di molti anni di lotte sociali e politiche.
L’intervento si conclude con una riflessione sulle problematiche e le plausibili soluzioni per interrompere un processo così complesso ed interiorizzato: partendo dal modello del ciclo (o spirale) della violenza, un escalation di azioni di gravità sempre maggiore che il carnefice attua nei confronti della vittima fino a raggiungere il suo culmine con il femminicidio, si concretizza la possibilità di comprendere le dinamiche violente per combatterle definitivamente. Questo è sicuramente un primo passo verso un cambiamento sociale sistemico, il quale necessita però di uno studio continuativo e approfondito, e di una grande opera di sensibilizzazione che interessi tutte le categorie sociali.
Di seguito il programma dei prossimi incontri del seminario: