Pubblichiamo di seguito gli articoli realizzati dagli studenti e dalle studentesse del corso magistrale di Entertainment and televisione studies in occasione dell’incontro di lunedì 22 marzo con Roberto Natale, responsabile di Rai per il Sociale.
Coesione sociale, pluralismo e pluralismi: la sfida della Rai tra servizio pubblico e lottizzazioni
di Mario Monopoli
Il 22 Marzo 2021 l’Università La Sapienza di Roma ha avuto come ospite Roberto Natale, responsabile Rai per il sociale, che ha offerto agli studenti del corso di Entertainment and Television Studies un’ampia panoramica sullo stato del servizio pubblico italiano, tra i suoi punti di forza, le sue sfide e i suoi limiti.
Ogni 5 anni in Rai si aggiorna il contratto di servizio, al cui interno sono spiegati gli obiettivi e i principi fondamentali da rispettare “ai fini dell’espletamento del servizio pubblico”, citando il documento stesso. Le parole chiave dell’attuale documento sono tre: coesione sociale, pluralismo e pluralismi. Per molti in anni in Italia il pluralismo nel sistema dei media si è inteso non tanto nella sua indipendenza dalla politica (come nel modello pubblico inglese della BBC), ma al contrario nella possibilità di dare una fetta di torta a tutti: dalla riforma della Rai del 1975 i principali partiti della maggioranza e dell’opposizione si sono da sempre spartiti la direzione delle tre reti principali della rai e le poltrone del consiglio di amministrazione.
Dalla fine degli anni ’90 l’interpretazione del pluralismo però cambia, tanto che più di pluralismo sarebbe corretto parlare di pluralismi: non solo devono essere rappresentate equamente le parti politiche conteggiando i minuti di trasmissione, ma anche di genere, di religione, di territorio, di fasce generazionali, per rappresentare la complessità del mondo reale che cambia. Il risultato del rispetto dei pluralismi è un messaggio di coesione sociale: in un periodo storico in cui le parti si polarizzano e più che dialogare recitano monologhi indipendenti da teatro dell’assurdo pinteriano, il ruolo della Rai deve essere quello della riconciliazione e unificazione nazionale. Roberto Natale ci fa l’esempio dell’ultima edizione di Sanremo, in cui “i nonni conoscono i Coma Cose e i nipoti scoprono Orietta Berti”, offrendo un prodotto che possa raccogliere fasce generazionali diverse e fare cultura per tutti.
Il ruolo del servizio pubblico è quindi quello di garantire i pluralismi e incentivare alla coesione sociale. Ma come garantire il pluralismo in un sistema amministrativo legato a doppio filo con il governo e che cambia ogni tre anni? Nonostante le varie critiche all’interpretazione del pluralismo politico che ha generato la “lottizzazione” nessun governo ha mai voluto privarsi del controllo della Rai e per questo, per quanto in teoria si parli di vari progetti di riforma e riorganizzazione, nella pratica le cose sono ancora molto lente.
Da dove ripartire per la rinascita del Servizio Pubblico italiano
di Alberto Gramegna
Nel 2011 un sondaggio commissionato a Swg dall’Ifel, il centro studio dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), ha rivelato che quasi la metà degli intervistati considera il canone Rai l’imposta più odiata fra tutte. Lo stesso mondo politico, da Berlusconi agli esponenti del PD, hanno a lungo promesso l’abolizione della tassa. Le cause sono svariate: l’eccessiva pubblicità sulla TV pubblica, la scarsa qualità di alcuni programmi e l’eccessiva presenza della politica sulle reti Rai (indagine di Contribuenti.it del 2010).
Eppure, confrontando statisticamente i principali servizi pubblici europei, quello italiano è uno dei migliori. Come illustra, infatti, uno studio condotto sui dati disponibili forniti da EBU (European Broadcasting Union) relativi al 2019, la componente principale dei ricavi dei PSM (Public Service Media) è rappresentata dal finanziamento pubblico, che incide solo per il 69% in Italia (mentre la media degli altri paesi è di poco inferiore all’85%). Inoltre, in nel nostro Paese, il valore del canone è pari a 90 euro, il più basso se comparato con quelli di Germania, UK e Francia. Rapportando il canone al PIL pro capite, l’indice italiano è di poco più alto di quello francese, ma ampiamente più basso di quello del Regno Unito e di quello tedesco. Riguardo alla situazione dipendenti, rapportando le risorse umane al valore del finanziamento pubblico, la Rai ha 12.689 dipendenti e un corrispondente di €144,8 a dipendente, valori superiori solo al servizio pubblico spagnolo. Inoltre, a quanto emerge dalla ricerca realizzata nel 2021 dalla Direzione Marketing Rai, comparando i Public Service Media dei principali paesi europei, la Rai ha un numero di risorse impiegate più basso rispetto a quello degli altri servizi pubblici, ma si dimostra il più efficiente, con il primo posto in termini di share (35,7%) davanti a BBC, a France Télévisions, ad ARD e ZDF e a RTVE (ANSA).
Gli italiani vedono negativamente il servizio pubblico, forse perché non è stata completamente messa in pratica la parola “pluralismo”, presente nel contratto di servizio (il contratto concordato tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico per regolare l’esecuzione del servizio pubblico)? Come suggerito da Roberto Natale, responsabile Rai per il Sociale e coordinatore del Comitato Tecnico Scientifico Articolo21, questa andrebbe intesa non solo in senso politico, ma anche con un’altra accezione: si dovrebbe parlare anche di “pluralismi”. A pensarla così era già stata negli anni ‘90 la Commissione Parlamentare di Vigilanza con un documento che faceva un dettagliato elenco dei pluralismi: territoriale, di genere, religioso, culturale, associativo, sindacale e così via. Solo seguendo questa strada e facendo sentire rappresentate sui canali Rai tutte le fasce sociali si potrà raggiungere una reale coesione sociale, e di conseguenza un cambio di prospettiva da parte dei contribuenti.
La Rai, il successo di “Carosello Carosone” e la tv commerciale
di Giulia Antonelli
Durate la lezione del 22 marzo del corso di Entertainment and Television Studies, tenuto dalla professoressa Gavrila, è stato ospite Roberto Natale, responsabile di Rai per il Sociale. Al centro dell’incontro è stato il Servizio Pubblico, che nei mesi della pandemia ha fatto registrare un aumento degli ascolti superiore a quello delle emittenti commerciali.
Nel corso dell’incontro si è parlato anche del film tv “Carosello Carosone”, trasmesso da RaiUno nella prima serata del 18 marzo, che racconta la vita del musicista Renato Carosone, nell’anno del centenario della sua nascita. “Carosello Carosone” è stato visto da oltre di 5 milioni di telespettatori, raggiungendo il 23% di share e superando la concorrenza de “L’Isola dei Famosi” in onda su Canale 5.
Puntare sul racconto della vita di Carosone è stata una scelta di successo della tv pubblica, in grado di conquistare un pubblico forse ormai “stanco” dei realty show, un genere che ai tempi del covid 19 ha fatto registrare un calo degli ascolti.