Domenica 16 luglio si è concluso Videocittà, festival dal respiro internazionale che ha trasformato il quartiere Ostiense e l’area adiacente al Gazometro in una meta obbligatoria per tutti gli amanti della videoarte, dei media digitali e delle nuove tecnologie. Nei tre giorni precedenti concerti A/V, videomapping, masterclass e interviste con gli stakeholder del settore hanno animato il ricco palinsesto di appuntamenti all’insegna della sperimentazione e della contaminazione tra linguaggi differenti, apparentemente distanti ma in realtà sempre pronti ad entrare in un fruttuoso dialogo reciproco.
Dopo il tutto esaurito di sabato, la quarta ed ultima giornata di festival sposta il piede dall’acceleratore al freno: il biglietto di ingresso ha un prezzo ridotto e gli eventi sono numericamente inferiori rispetto all’offerta sinora presentata. Niente live musicali o talk giornalistici, questa volta. Nessuna performance musicale come quelle di Ginevra e Piove o dei The Blaze che hanno infiammato i presenti accorsi in massa. L’attenzione, a questo ultimo giro di boa, è riservata principalmente alle installazioni site-specific, così da permettere ai partecipanti di godere per un’ultima volta di questi spettacoli audiovisivi multisensoriali.
Le porte aprono intorno alle 19 e, in attesa che cali il buio su quest’afosa giornata romana, non resta che percorrere il perimetro del Gazometro G3 nel quale è allestita le sezione Agorà Expo del festival. All’interno della struttura sono presenti diversi stand nei quali, ad esempio, è possibile provare con mano gli avveniristici visori per la realtà virtuale e visitare metaversi. Lasciandosi trasportare in un viaggio dantesco nei bassifondi infernali, nell’esperienza immersiva ideata da Rai Cinema, oppure venire catapultati nel mondo visionario dell’artista 3D Giusy Amoroso, anche nota con lo pseudonimo Marigoldff. Pensate un po’, è possibile anche sposarsi con se stessi grazie ad un totem interattivo ideato da Elena Ketra.
Giusto il tempo di rifocillarsi nell’area food che la notte cala sulla Capitale. Sulla facciata dell’Opificio compare un conto alla rovescia alla fine del quale viene proiettato il videomapping dedicato al decimo anniversario dalla scoperta del bosone di Higgs al CERN di Ginevra. La parte visuale, arricchita anche da un avventuroso commento sonoro, passa in rassegna molti degli strumenti utilizzati per catturare la particella che è valsa il Nobel per la Fisica agli studiosi che ne avevano teorizzato l’esistenza. Le pareti dell’Opificio si distruggono in mille pezzi per poi ricomporsi in un effetto visivo dal fortissimo impatto scenografico.
È arrivato ora il momento di prender parte a Mater Terrae, l’installazione artistica site-specific più grande al mondo che si trova nel cuore del Gazometro G4. La coda scorre decisamente più velocemente rispetto ai giorni precedenti e, mentre si aspetta il proprio turno, si riesce già ad udire il sassofono suonato dal producer MACE, autore della parte musicale dell’opera. Nell’attesa si riesce anche a scorgere l’altro ipnotizzante videomapping della serata che trasforma le pareti dell’Altoforno in una tela bianca a disposizione di Futura e del NONE Collective con le loro riflessioni estremamente contemporanee ma proiettate verso ciò che è futuribile. Le porte del Gazometro si spalancano e si è accolti da uno spazio imponente nel quale sono disposte una manciata di sdraio. Chi non riesce ad accaparrarsele si stende a terra, occhi al cielo, in attesa che lo spettacolo audiovisivo ideato dallo studio artistico Sila Sveta abbia definitivamente inizio.
Per circa una decina di minuti si è trasportati all’interno di un immersivo caleidoscopio di colori e di forme astratte, sublimate dalla composizione originale ideata da MACE. La tridimensionalità dell’audio, infatti, è resa grazie a molteplici casse disposte circolarmente attorno alla base della struttura. Una farfalla si libra nel cielo mentre la piece raggiunge un estatico climax. L’opera, una celebrazione del fragile pianeta che abitiamo, ci interroga sul nostro impatto sull’ecosistema terrestre, invitandoci ad assumere un ruolo più consapevole e rispettoso nei suoi confronti. In alcuni momenti la psichedelia del producer si tinge di sfumature floydiane, trascinando gli spettatori increduli in un emozionante crescendo audiovisivo.
L’installazione, dunque, è il vero e proprio punto forte della serata. Una volta terminato il viaggio si vorrebbe rivederlo ancora ed ancora, magari cambiando il proprio punto di vista. Magari avvicinandosi ad una cassa piuttosto che ad un’altra, rivelando le molteplici sfaccettature del sound di MACE. Oppure decidere di guardarla in piedi, piuttosto che sdraiati a terra. Prima di salutare l’edizione 2023 di Videocittà, dunque, non ci resta che metterci nuovamente in fila, in attesa di rivivere quel bagno di sensazioni per un’ultima volta.