Nell’ambito del II Open Day di Archeologia di Roma avente come titolo “Il lavoro dell’archeologo: fuori dalla crisi o no?”, presso il Museo dell’Arte Classica, si è tenuto un interessante dibattito circa l’attuale figura professionale dell’archeologo. Gli studenti hanno avuto modo di incontrare le ditte del settore per tastare con mano le opportunità e le criticità del lavoro in cui si stanno specializzando. Attraverso la partecipazione di quattro società cooperative (SAMA, ARCHEOGEOS, RES ANTIQUAE e ARCHEO DIGITAL) e due associazioni di categoria (ANA e CIA) si è delineata la traiettoria generale di questo settore che può essere esemplificata in tre dimensioni: Stato attuale, opportunità e criticità.
Stato Attuale: L’archeologia italiana, come quella estera, vive un periodo di crisi e bisogna ammetterlo. Innanzitutto, c’è un problema di fondo che riguarda la percezione che l’opinione pubblica possiede rispetto al lavoratore-archeologo, sempre più spesso, relegato a mansioni e condizioni precarie. Ciò che va sottolineata è la tendenza, da parte delle società intervenute, nello specializzarsi in un settore piuttosto che nell’avere un ampio raggio d’azione dal momento che c’è chi resta sul fronte dell’archeologia preventiva e chi, invece, sperimenta altre frontiere come quella della didattica.
Opportunità: Far crescere questo settore e mettere in luce il professionista archeologo, vuol dire anche agire ed utilizzare i nuovi strumenti tecnologici nel migliore dei modi senza, però, trascurare la metodologia tradizionale. Ciò permette di realizzare ottimi elaborati e progetti. In questo modo, vengono tenuti a bada altri soggetti come gli ingegneri e i tecnocrati. A maggior ragione, bisogna puntare verso un “dinamismo collaborativo” che coinvolga la realtà delle imprese e gli innovatori/artigiani digitali. L’unicità di un percorso archeologico alternativo è fondamentale poichè favorisce la fruizione della cultura, senza filtri e senza barriere.
Criticità: Esse sono da dividere in problematiche individuali ed esterne. Per quanto riguarda le prime, si riscontrano soprattutto tra i giovani neolaureati che non hanno chiare le idee su cosa significhi, a pieno, entrare nel mondo del lavoro. Infatti, gli studenti non conoscono nè la regolamentazione della professione che andranno a svolgere (anche perchè essa è mal regolamentata, secondo ANA e CIA) nè tutto ciò che riguarda la responsabilità civile verso terzi o l’assicurazione infortunistica. Mentre le cause esterne vengono rilevate circa la tempistica e i budget messi a disposizioni dalle aziende private e non; va aggiunta, poi, un’etica del lavoro sui cantieri non molto sviluppata ma questo è un argomento che vale per tutte le categorie lavorative.
Se la cultura è sotto attacco, come si è detto durante l’Open Day, si dovrebbe fare qualcosa che la salvi o almeno la protegga. Con questo scopo e con l’intenzione di mettere in relazione due mondi, per troppo tempo distanti, lavoro e università è nata quest’iniziativa grazie al Professore Alessandro Vanzetti che auspica di poter avere tale confronto, ogni di anni. Per stimolare la consapevolezza di ciò che rappresenta la figura dell’archeologo all’interno della società civile deve essere cura di tutti, valorizzare i beni culturali e comprendere le esigenze sia del mondo del lavoro sia delle città. Infine, un archeologo è colui che alla formazione accademica aggiunge l’esperienza sul campo per riuscire a gestire la maggior parte, se non tutte, le pressioni che ci sono oltre le aule dei dipartimenti universitari. La passione che spinge ad avvicinarsi a determinati studi diventa professionalità nel momento in cui si ritiene di avere un’identità lavorativa che non può essere alienata da tariffe basse e lavori sottopagati.
Alessandra De Vincenzo