Il 4 maggio 2023 dalle ore 9.30, presso l’aula Alfa della sede di via Salaria dell’Università La Sapienza, si è tenuto un convegno dal titolo: La ritirata dello stato? Le privatizzazioni italiane nel contesto internazionale. La tavola rotonda, presieduta dal prof. Andrea Guiso, vede la partecipazione di: Bruno Settis, Tommaso Baris Gregorio Sorgonà, Alessio Gagliardi, Simona Colarizi, e altri.
Circa un anno fa ha avuto inizio il dibattito sul tema delle privatizzazioni italiane, che è sfociato nel convegno odierno, come spiega il prof. Guiso. La dicotomia stato-mercato, che muove, smuove e ridisegna gli assetti politici, e “il rapporto mai neutro tra scienza e potere”, sono al centro del dibattito, che si snoda attraverso l’analisi del contesto politico e sociale, la designazione degli attori politici, privati, istituzionali e non, e la costruzione di una degna linea storiografica. Si analizzano la storia, i perché della stagione delle privatizzazioni, il loro impatto sul sistema fino ai giorni nostri.
Le privatizzazioni nel dibattito storiografico
Proprio del punto di vista storiografico, si occupa il prof. Bruno Settis, primo relatore ad intervenire. Quello che emerge chiaramente è la difficoltà nella narrazione storiografica del tema, caratterizzata da tempi molto lenti e una non trascurabile complessità delle voci in campo. Di fatti, un’indagine storiografica deve tener conto del sostrato politico, sociale, economico e culturale per essere efficiente.
Partendo dai primi anni del secolo scorso, in particolare dagli anni successivi alla Grande Guerra e al ventennio fascista, dilaga negli ambienti politici la necessità di portare l’Italia al passo in fatto di crescita (e ri-crescita) economica e industrializzazione. Il motore politico di quegli anni fu un certo spirito di “revanchismo”, come spiega Settis. Lo sguardo sempre ben piantato verso il panorama europeo, ha spinto il nostro Paese nell’alveo delle privatizzazioni dalla fine degli anni 80, sulla scia delle esperienze britanniche (modello Thatcher), francesi, spagnole e austriache. Un grande protagonista dell’epoca fu Guido Carli, ministro del Tesoro dal 1989 al 1992, nel sesto e settimo governo Andreotti, il quale diede inizio ad un’intensa stagione di privatizzazioni: diverse banche ed enti pubblici vennero trasformati in società per azioni. L’intento di questo piano di politica economica era quello di sanare il debito pubblico.
Alcuni intellettuali ed economisti, tra cui Marcello De Cecco, sostengono che questo processo abbia portato ad un progressivo declino economico dell’Italia, condotta verso una crisi da cui non si è mai più sollevata.
Il ruolo dell’opinione pubblica: la presa di posizione del quotidiano La Repubblica
Negli anni delle privatizzazioni, ricchi di fermento politico e sociale, l’opinione pubblica giocò, naturalmente, un ruolo chiave. Grande interprete dell’opinione pubblica è la stampa: in particolare, fu il neonato quotidiano La Repubblica, diretto da Scalfari, il primo quotidiano a fare del tema un punto nevralgico del dibattito interno. Grazie all’intensa attività e ai tanti articoli sulla questione, è possibile farne un’analisi più chiara. I “capi d’imputazione” che venivano mossi all’economia mista erano, ad esempio, l’inefficienza industriale italiana, i rischi derivanti dall’indebitamento, il pericolo di una “privatizzazione dello Stato da parte dei partiti egemoni” e di una progressiva decadenza del welfare state, come spiega il prof. Gagliardi. La presa di posizione di Repubblica fu molto forte, tanto che gli articoli che iniziavano a circolare sul tema presentavano toni molto intensi e insolitamente duri. Giorgio Bocca, ad esempio, in un articolo del 77, commentando un’ospitata televisiva di Mario Einaudi, lo definì “screditato barone di stato”. A caratterizzare la linea di Repubblica, c’era in particolare l’aspra critica alla Democrazia Cristiana, che si traduceva, secondo il quotidiano, in una manifesta crisi del sistema di potere, una crisi di legittimità dei partiti al governo. A ciò si accompagnava anche il tema scottante della crescita del debito pubblico, “una voragine di bilancio creata dalle imprese statali inefficienti”, e l’incapacità dei sindacati di moderare e gestire la situazione.
La rivalutazione della figura dell’imprenditore
Nel 1987, ad essere intervistato è Silvio Berlusconi: sarà solo una delle tante interviste fatte a imprenditori non convenzionali, a guida di imprese lontane dalla politica e dalle dinamiche di partito. Si attua una vera e propria rivalutazione positiva della figura dell’imprenditore capace e brillante, descritto quasi come un eroe salvifico. Emblematica a questo proposito è un’intervista a Cesare Romiti, di Giampaolo Pansa.
Abbiamo approfondito il tema con il prof. Guiso e il prof. Settis.