Si parla di Storia delle religioni per riflettere sull’idea di pace
Si è concluso oggi, lunedì 30 gennaio, presso il dipartimento di Lettere, il seminario dal titolo “Le parole e le immagini della pace nel Manicheismo” promosso da Alessandro Saggioro, Professore di Storia della religioni.
L’evento si inserisce in un ciclo di incontri organizzati dall’ateneo sulla base del progetto “The Exhibition of Peace Over Time: Restoring meanings, the cultural environment into the museal field”.
L’incontro di oggi è stato mediato da Mauro Mormino, Professore di Civiltà antiche e moderne presso l’Università di Messina, che ha proposto una riflessione sul concetto di pace nel Manicheismo partendo dall’osservazione di fonti testuali e visive.
L’analisi si è concentrata sul definire le principali caratteristiche della religione Manicheista, la sua affermazione ed evoluzione nel tempo, i principi che la regolano, il rapporto che ha sancito con le altre religioni, attraverso un interessante analisi delle fonti testuali e visive conservate lungo i secoli. Tutto questo con l’obbiettivo di scovare, negli assiomi di questa religione ormai scomparsa, il legame con il concetto più moderno di pace (inteso come non violenza).
Il Manicheismo è dunque, una religione dal messaggio universale, sorta dalla rivelazione, scritta a suo tempo, dal profeta e padre fondatore Mani. Questa religione, seppur abbia trovato consenso solo in una cerchia di eletti piuttosto elitari, ha potuto conoscere una lunga storia: sorse nel III secolo d.C e grazie alla fortuna che riscontrò in Asia centrale e lungo la via della Seta, perdurò fino al XVIII secolo d.C, quando fu costretta a ripiegare a causa dell’avvento della religione Buddista (con cui non entrò mai in collisione).
Uno dei principi su cui si basa questa fede è il dualismo: si crede che ai primordi della storia dell’uomo ci sia stata una lotta primordiale tra il mondo della luce e il mondo delle tenebre, una lotta che persiste ancora.
L’uomo, fatto di carne, è essere materiale, assieme a tutti gli altri esseri viventi e quindi riconducibile al mondo delle tenebre, tuttavia contiene in se particelle luminose che tentano di arrivare (e dopo la morte ci arriveranno) al mondo della luce.
La comunità dei fedeli è divisa in due categorie: da un lato ci sono gli eletti, gli ecclesiastici che seguendo un codice morale molto ferreo e hanno la facoltà di sprigionare le particelle di luce presenti in ogni essere vivente per portarle alla loro giusta collocazione;
dall’altro, gli uditori, i seguaci laici di diverse categorie sociali, che si prendono cura degli eletti a livello pratico.
In quale di questi principi si colloca la pace? Analizzando i testi scritti da fedeli appartenenti a vari mondi orientali, troviamo i comandamenti e le regole morali che propone questa religione: eletti ed uditori si attengono a norme di comportamento che definirei molto rispettose di tutti gli esseri viventi presenti su questa terra; tale rispetto logicamente, deriva dalla concezione stessa di ritenere che ogni essere vivente contenga in se particelle luminose.
Da ciò deriva il motivo per cui i manichei, non solo non avrebbero mai osato colpire, ferire, violentare un essere vivente (che sia umano, animale o vegetale) ma nemmeno sfiorarlo o spaventarlo. La pianta, ma anche il sasso o il pezzetto di legno, non vanno colpiti perché colpirli significa manomettere la loro essenza, che oltre alle particelle luminose, contiene Dio.
Cosa curiosa è che non si potevano sfiorare nemmeno gli animali che strisciano, considerate le bestie più infere – la peggior punizione che si poteva dare ad un fedele manicheo era quella di essere tramutato in serpente – e questo è forse l’esempio più lampante per capire il rispetto che veniva dato a tutto il creato.
Come capiamo, il manicheismo condanna in modo ferreo la violenza e quindi, quale religione potrebbe essere più adatta per descrivere (seppur in senso semplicistico) il concetto di pace?
Il manicheismo è pace, come nella teoria, tutte le altre correnti che partono da assunti di fede.