Era la fine dell’estate del 1938. Un regio decreto dello Stato italiano promulgava le prime leggi razziali contro gli ebrei. Mai, come in quella occasione, la parola legge fu usata tanto a sproposito. Oggi a distanza di ottant’anni, per ricordare quei riprovevoli giorni, il corso del Coris “Sociologia generale” tenuto dai professori Fabrizio Battistelli e Maria Grazia Galantino, ha ospitato un testimone diretto, l’ingegnere Nando Tagliacozzo. Per l’ingegnere le leggi razziali non furono una pagina di storia distrattamente studiato a scuola ma funesti frammenti di vita quotidiana, destinato ad avere tragiche conseguenze .
Sebbene all’epoca piccolissimo, il ricordo dell’ingegnere è vivido come non mai. Specialmente una data è saldatamene scolpita nella memoria: 16 ottobre 1943. Il giorno che quelle leggi razziali ebbero le loro più tragiche conseguenze. Il rastrellamento del ghetto di Roma e la consecutiva deportazione di migliaia di ebrei italiani nei campi di concentramento nazista. Lui, insieme alla madre, si salvo per una semplice causalità; medesima fortuna che non spettò alla sorella, alla nonna e al padre.
Con la sua testimonianza Nando Tagliacozzo ricorda quei giorni, trasmette ai ragazzi il significato di essere ebreo in uno Stato razzista.
Anche per demolire il falso mito degli “italiani brava gente”, ricorda l’ipocrisia di molti. Quando “meglio che te ne vai tu, che ti caccio io” era una frase sufficiente ad allontanare un ebreo dal suo posto di lavoro. Ma l’ingegnere Tagliacozzo induce a riflettere anche sul dopo. Sui primi giorni della neonata Repubblica. Quando la fretta di scordare velocemente la vergogna di quei giorni, lasciò impuntito molti colpevoli.
Conclude la lezione speciale il giornalista Pietro Suber, regista del documentario “1938. Quando scoprimmo di non essere più italiani“. Il film ricostruisce le vicende che portarono dalle leggi antiebraiche e alla successiva deportazione degli ebrei italiani (1943-1945) attraverso cinque storie raccontate in gran parte dai diretti protagonisti. Testimonianze di persone che, considerata la loro non più giovane età, risultano preziose più che mai.
Oreste Sacco