Nella giornata di Ieri, 2 dicembre 2022, dalle ore 18:00 alle ore 20:00, presso l’aula C del dipartimento di Scienze Politiche, si è concluso il ciclo di seminari di storia contemporanea “Lezioni sul Fascismo”.
La lezione si è strutturata con lo stesso approccio trasversale e inclusivo delle precedenti; nella prima fase i docenti hanno fornito i primi strumenti di riflessione illustrando e spiegando la parola chiave scelta, per un tempo di venti minuti a parola. In seguito, esposti i tre concetti, per un totale di sessanta minuti. La restante ora è stata dedicata al dibattito fra il corpo docenti e gli studenti, i quali hanno esposto le proprie osservazioni e domande in merito al tema.
Quest’ultimo incontro ha visto protagoniste le parole chiave: Città, Memoria e Neofascismo.
Il primo concetto esposto è città, nel ventennio vediamo una grande accelerazione dei processi di costruzione e “modernizzazione” delle aree urbane, questi chiaramente non sono un prodotto del fascismo, bensì un prodotto dell’urbanizzazione già in atto da qualche tempo.
Vediamo come in questo periodo le città sono soggette di propaganda martellante, all’interno delle quali possiamo rintracciare il fascismo e come esso modelli le città, attraverso un’architettura alla ricerca della simmetria, che utilizza materiali levigati e si ispira al mito di Roma, di forza e di potenza.
Nascono edifici istituzionali fascisti, e avviene, appunto, una propaganda di fascistizzazione delle città in tutta Italia. Attraverso sventramenti (pratica non inventata dal regime bensì da Haussmann, nella trasformazione di Parigi nel secondo impero, da qui haussmannizzazione) e demolizioni, il fascismo si fa largo nel tessuto urbano, con l’ottica di propaganda. Una riformulazione delle città, non data dalla megalomania del duce, ma da un’ottica del regime e dei suoi valori, atti ad aumentare le prese sulle masse.
Durante il ventennio sempre in linea con la narrazione del mito del fascismo costruttore, innalzatore dalla mediocrità del passato, furono fondate tante nuove città, ad esempio quelle dell’Agro Pontino; una stagione d’oro per l’architettura italiana, tra classicismo e modernità, ma non per il duce, che utilizzava quest’ultima per educare le masse.
La memoria del fascismo puntava appunto sull’edilizia per dare corpo alla dittatura totalitaria, e l’idea era di imprimerla nelle città. Mussolini si sentiva degno di avere monumenti dedicati a lui, ad esempio il Foro Mussolini, attuale Foro Italico, e tramandare ai posteri quella che veniva considerata la città fascista, in modo da plasmare durevolmente proprio attraverso la pietra.
Con la caduta del regime la società civile intraprese un processo di rimozione dei simboli e dei significati fascisti, in questo caso le parole chiave sono: rimozione, cancellare le tracce materiali del ventennio attraverso le fiammate di iconoclastia, per rimuovere i simboli del fascismo; riscrivere e risemantizzare, risignificare i monumenti e i complessi edilizi in modo da nazionalizzare la memoria degli spazi mussoliniani, una vera è propria demussolinizzazione a favore di una nazionalizzazione.
L’ultima parola chiave è neofascismo. Dalla caduta del regime, si può parlare di fine del fascismo? In realtà non è mai morto, e la risposta è sia si che no, si perché non c’è più un regime; no perché le persone che hanno vissuto quel ventennio e sono fasciste convinte non smetteranno di esserlo.
Nascerà il MSI (Movimento Socialista Italiano), guidato da ideali fascisti, il quale inizierà a non essere chiuso solo nei confini nazionali, ma strizzerà l’occhio all’Europa di estrema destra, contro l’Europa di Bruxelles, nascerà dunque MSE (Movimento Socialista Europeo).
Nei recenti sviluppi, dal novanta in poi, con l’avvento di Berlusconi, c’è l’inserimento di un nuovo termine all’interno della politica: i “moderati”, e i partiti non verranno più categorizzanti come “estrema destra”. Ci sarà una radicalizzazione dei partiti moderati contro l’immigrazione, a favore della preferenza nazionale.