Venerdì 21 marzo, presso l’aula Calasso nell’ Edificio di Giurisprudenza si è tenuto un altro brillante appuntamento in merito al difficoltoso rapporto tra donne detenute e libertà di religione. Ciò che ha aggiunto il “quid” in più all’evento è stata la presenza autorevole non solo di innumerevoli docenti esperti, tra cui la stessa relatrice Beatrice Serra e il preside della facoltà Oliviero Diliberto ma anche la magnifica rettrice Antonella Polimeni e il presidente della Conferenza espiscopale italiana il cardinale Matteo Maria Zuppi.
Nel contesto di un incontro che ha trattato tematiche complesse e attuali, la rettrice ha sottolineato le grandi sfide della società contemporanea, mettendo in evidenza come La Sapienza abbia dato un importante contributo attivo al dibattito e alla ricerca. Un esempio concreto è rappresentato dalla creazione, nel 2021, di un polo universitario penitenziario. Queste iniziative pongono al centro una riflessione fondamentale: come la libertà religiosa possa diventare un elemento di contrasto alle disuguaglianze vissute all’interno del sistema penitenziario.
Il discorso ostico si è voluto subito mettere in chiaro tramite la lettura della citazione di una detenuta che, in un incontro con Papa Francesco, ha descritto la sua esperienza in carcere con una frase particolarmente forte: “Noi viviamo un inferno camuffato da giustizia”, testimonianza che evidenzia la durezza della realtà carceraria, dove non solo si vive un’esperienza di privazione della libertà, ma si affrontano anche forti discriminazioni.
In carcere, infatti, persistono forme di doppia marginalizzazione: quella legata al genere e quella legata alla libertà religiosa. Purtroppo, in molti casi, non esiste una riflessione adeguata su come il diritto alla tutela religiosa, che secondo la Costituzione dovrebbe essere una priorità assoluta, venga garantito nelle carceri, in particolare per le donne.
In questo scenario, la Chiesa cattolica ha avuto un ruolo importante nel mediare e facilitare il dialogo tra le istituzioni penitenziarie e i ministri religiosi. Questo impegno, che ha visto il coinvolgimento diretto del cardinale Zuppi, è stato sottolineato durante l’incontro. Il cardinale, definito da Papa Francesco un “uomo di universalità e grande dialogo”, è stato scelto per il suo lavoro di mediazione in conflitti complessi, come quello tra Russia e Ucraina. Zuppi ha evidenziato come, in alcune circostanze, i diritti siano trattati da concessioni, a scapito della dignità dello stato e delle persone. Secondo lui, la dimensione “riparativa” del contesto detentivo è profondamente influenzata dalla religione, che può impedire la creazione di “identità clandestine”, portando così a una maggiore integrazione e inclusione sociale.
In questo contesto, le iniziative promosse da Papa Francesco nell’anno del Giubileo, come l’amnistia e i percorsi di reinserimento, rappresentano segnali di speranza. È fondamentale anche il coinvolgimento delle comunità locali e delle parrocchie, che spesso affiancano i detenuti nel loro percorso di reintegrazione. Il fattore religioso gioca quindi un ruolo cruciale nella ricomposizione sociale delle donne in carcere, restituendo loro dignità e offrendo un’opportunità di riscatto.
Da tali iniziative ci si augura una, che non passi attraverso l’isolamento, ma attraverso un percorso di crescita e riscoperta di sé. Le esperienze di riscatto e spiritualità possono infatti contribuire a guarire le ferite emotive e sociali causate dalle difficoltà della vita, permettendo alle donne di valutare e riconsiderare il proprio cammino.
Articolo di Matilde Trippanera