Il 20 ottobre si è tenuta l’ultima giornata dedicata al convegno “Patrimonio culturale e rigenerazione urbana”, organizzato dal dipartimento PDTA – Pianificazione, design e tecnologia dell’architettura dell’Università; in particolare, uno degli ultimi interventi è stato a cura di Carmelina Bevilacqua, Francesco Crupi e Francesca Rossi dedicato ai “Luoghi materiali e immateriali, tra storia e natura”.
Durante l’incontro sono stati chiamati a partecipare: Silvia Costa, commissario straordinario di Governo per il recupero dell’ex Carcere di Santo Stefano, Ventotene e Hiske Maas Spatari, cofondatrice del parco MuSaBa di Mammola, le quali non hanno potuto essere presenti; Cristina Loglio, esperta di Politiche culturali europee e Anthony Santilli, referente Centro di Ricerca sulla detenzione Ventotene e Santo Stefano. La sessione è stata dedicata ai luoghi, ai territori, alle città ed ai paesaggi materiali ed immateriali come espressione dei caratteri individualistici, ecologici ed antropici che, tra storia e natura, esprimono le relazioni e le interazioni che si generano nel tempo e nello spazio.
Il focus del contributo è stato sul progetto di recupero dell’ex carcere borbonico di S. Stefano, emblematico per due ragioni: la prima è che Santo Stefano rappresenta, oltre ai valori storico-paesaggistici che si concentrano nell’isola, un particolare valore etico, sociale e culturale, il quale può diventare il simbolo di difesa dei diritti umani ed universali che, come scritto nel Manifesto di Ventotene per un’Europa libera ed unita, appartengono e devono appartenere a tutte le popolazioni; la seconda è che le isole rappresentano oggi dei veri e propri laboratori dove sperimentare modelli innovativi di transizione ecologica, tramite l’utilizzo delle risorse naturali e paesaggistiche presenti.
Silvia Costa purtroppo non è potuta essere presente, per via di un brutto incidente, ma ha lasciato un messaggio: “Il cuore dell’approccio utilizzato nel progetto è stato il recupero della narrazione. Da un lato abbiamo un’isola che è naturalmente un faro per la storia dell’Europa, dall’altro il carcere, ormai chiuso da cinquant’anni e in stato di abbandono, una magnifica costruzione architettonica che è un Panopticon, che ha visto avvicendarsi delinquenti comuni, ma soprattutto detenuti politici. Il senso del progetto è quello di restituire alla comunità, non solo italiana, ma europea e internazionale, un luogo magico e allo stesso tempo una storia dolorosa che vogliamo rispettare, con un percorso museale che abbiamo definito una Scuola di Alti Pensieri, dedicata anche a David Sassoli, recentemente scomparso.”
Gli obiettivi del progetto, illustrati da Cristina Loglio e Anthony Santilli, sono diversi: trasformare un luogo di dolore e di costrizione in un luogo di libertà che parli alle nuove generazioni; restituire alla memoria collettiva le vicende storiche e le esperienze umane che hanno segnato i 170 anni di vita del carcere, evidenziando temi come la dignità della persona, i diritti umani e la libertà di pensiero; tutelare e valorizzare il patrimonio paesaggistico e culturale in linea con il “Green Deal” europeo; infine, promuovere un progetto che diventi una “Scuola di Alti Pensieri”, pensata per essere vistata soprattutto dai giovani.
Perché visitare Santo Stefano? Perché intende proporre un’esperienza umana e cognitiva che aiuti a leggere la storia non solo nei fatti, ma nelle aspettative di ieri e oggi e, soprattutto, perché racconta una storia nazionale ed europea che non può essere dimenticata.
A conclusione dell’intervento, abbiamo potuto ascoltare le parole di Hiske Maas Spatari, compagna di vita del compianto artista Nik Spatari, riportateci dal dottor Crupi. I due artisti sono famosi in Calabria, come in Italia e nel mondo, per la loro arte e per la creazione del MuSaBa, il Parco Museo Laboratorio Santa Barbara situato a Mammola. Nel 1969 Nik Spatari e Hiske Maas decidono di lavorare ad un progetto globale che contempli la produzione dell’arte nell’ambito di uno specifico contesto, con precisi punti di riferimento storici ed ambientali. Li guida il desiderio di un “luogo integrale”, di una cultura incarnata nell’ambiente, di una creatività scritta sulla terra. L’iniziativa del MuSaBa è infatti largamente ispirata dal senso di ribellione contro l’ambiente dominato dall’incultura e dall’arretratezza, ostile alle innovazioni. Qui la spinta a promuovere attività artistiche assume un valore che va al di là del contesto culturale.