Mercoledì 21 marzo, il Rettorato della città universitaria “La Sapienza” ha ospitato il team di archeologi che hanno partecipato alla spedizione ad Abu Tbeirah, sotto la direzione di Licia Romano e Franco D’Agostino. Apre la conferenza una breve introduzione del presidente della Fondazione Roma Sapienza, Antonello Folco Biagini, che ha collaborato nei fondi per sostenere questa ricerca e tutti coloro che ne hanno fatto parte.
Successivamente, il “Magnifico Rettore”, Eugenio Gaudio, ha narrato in termini generici la vicenda della scoperta archeologica. Tramite video sono stati visti i saluti ed i riconoscimenti, di coloro che hanno collaborato con il “team Sapienza”: L’ambasciatore italiano in Iraq Bruno A. Pasquino ed il ministro degli affari esteri dell’Iraq.
Lo stesso professore D’Agostino e l’assistente Licia Romano, hanno raccontato di come è avvenuto il ritrovamento di un porto sumero. Le loro ricerche si sono rivolte nell’area paludosa a circa 20 km dalla città di Ur, in Iraq. Sono voluti partire dalle zone paludose sia per motivi di sicurezza dovuti alle tensioni da poco terminate nello Stato, sia perché si pensava che i Sumeri fossero solamente contadini e cacciatori, nella maggior parte dei riscontri storici. Sono venuti così a conoscenza di un’altra caratteristica di questo popolo antico, ossia quella del commercio. Infatti, nelle zone paludose era più semplice commerciare e spostarsi.
Durante la conferenza è stato possibile assistere alla mostra di calligrafia araba di Amjed Rifaie, calligrafo arabo che si occupa anche di corsi disponibili presso la sede “Ex Poste” dell’ateneo. Amjed Rifaie è riuscito a far percepire una lettera come un’opera d’arte, donandole colore e collegandola a parole che suscitano emozioni e sensazioni diverse. Ha unito uno stile moderno ad una cultura antica, donando personalità e caratteristica alle rappresentazioni. Egli, definisce meditativa l’arte della calligrafia araba; una connessione tra la mano, il “pennello” generato dalla canna di bambù ed il foglio. Questo è un filo conduttore tra la cultura occidentale e quella dell’Iraq e di tutta l’Arabia.
Si tratta di un fine comune con i membri del team archeologico. Marta Zingare, Veronica Porzi e Lorenzo Ricci parlano della loro esperienza sia come una ricerca archeologica, sia come un modo per far percepire diversamente la popolazione dell’Iraq. “Mi sono sentito a casa” è un’affermazione che tutti e tre sottolineano più volte ed usano i social (Facebook) per divulgare questa frase. Come sostiene Veronica Porzi: “I social permettono di arrivare ovunque”. Per tutti loro è stata un’esperienza di crescita, dove la collaborazione con archeologi del luogo è stata fondamentale per la riuscita del progetto. Sono tutti venuti a conoscenza di questa opportunità tramite gli stessi portali social, dove “La Sapienza” offre una pagina sulla quale contattare i giovani studenti ed appassionati che vogliano unirsi a questo genere di iniziative.
Sabina Marchetti