Lunedì 4 dicembre si è svolto, presso la Facoltà di Scienze Politiche, “Le metamorfosi della Rivoluzione. Spazi e tempi”.
L’introduzione e è stata affidata a Raffaella Messinetti, Preside della Facoltà di Scienze politiche, Sociologia e Comunicazione, la quale ha delineato il percorso affrontato, illustrando le grandi rivoluzioni della storia, come la Prima Guerra Mondiale, la Rivoluzione Russa e la Rivoluzione Francese. Accompagnata in questo compito da Luca Scuccimarra, che ha presieduto l’intera sessione chiarendo il significato di metamorfosi applicato al concetto di rivoluzione, intesa come avvento di grandi cambiamenti che hanno modificato/modificano la storia.
Il primo intervento, riguardante il rapporto tra modernità e rivoluzione, è stato di Carlo Galli, dall’Università di Bologna: a cento anni esatti dalla rivoluzione bolscevica del 1917, il professor Galli riflette sul significato di “rivoluzione”, termine che ritiene inflazionato (rivoluzioni scientifiche, tecnologiche, del sistema produttivo, digitali ecc.) Per il professore la rivoluzione è il modo di essere della modernità, perché è la possibilità degli associati di decidere della vita sociale. Si fa la rivoluzione quando la tradizione perde il suo potere ordinativo ed espressivo e si sente il bisogno di fondare una nuova tradizione. La rivoluzione è un progredire, ma anche un ritorno: è una cesura per andare avanti o indietro operata da un soggetto, individuale o collettivo, per abbattere un ordine ormai morto con la violenza. La rivoluzione non è sommossa: la rivoluzione è progetto, razionalità, mentre la sommossa è espressione di un disagio. Il fine della rivoluzione è instaurare un nuovo ordine attraverso il disordine e mettere fine a se stessa. La vita associata si caratterizza per una certa circolarità, perché il meccanismo rottura-progresso tipico della rivoluzione si ripete sempre: la rivoluzione non è mai ultima, anche se tutte si dichiarano tali. Il professor Galli ha concluso il suo intervento affermando che la grande rivoluzione che sta vivendo la modernità è quella del neoliberismo.
Successivamente, il dibattito si è calato direttamente all’interno delle grandi rivoluzioni. In primis quella francese, che è stata analizzata da Franco Benigno dell’Università di Teramo, il quale ha affrontato il tema del contrasto tra oppressi e oppressori, in riferimento alla volontà del popolo francese di rigenerare un sistema, ossia l’amministrazione stessa. Chi si rivolta sono gli oppressi, coloro che, da popolo dormiente, si trasformano in una forza tale da modificare gli aspetti politici della Nazione.
Infine, la Rivoluzione Russa è stata descritta da Roberto Valle della Sapienza, che ne ha analizzato la prospettiva storica a partire dal 1861, anno in cui si è costituito il primo nucleo rivoluzionario, per poi trasformarsi nella rivoluzione di febbraio e in quella di ottobre. L’intervento si è concluso analizzando la spinta rivoluzionaria in chiave filosofica, riprendendo Marx, Hegel e Nietzsche come focolari dello spirito che animava il tempo.
Grazia Caputo
Federica Girolami