Un viaggio durato ormai quindici anni quello nato da un’idea di Gianluca Diana e Pietropaolo Maroncelli che inizia «in un punto indefinito della Highway 61, tra Memphis e New Orleans», come ci dice lo stesso Diana e che arriva in Italia nel 2002 come programma radiofonico, diventando due anni dopo una rassegna musicale, un appuntamento fisso per gli amanti della musica blues. L’intento era proprio quello di fare un viaggio nelle lontane terre dove nasce il blues, inizialmente per scoprire i luoghi cantati da Dylan e una volta arrivati lì, trovarsi invece immersi in una scena blues ancora molto intensa. I due hanno così deciso di creare una rassegna musicale, portando direttamente i migliori bluesman americani nella nostra terra. Nasce così il Mojo Station Blues Festival, giunto ormai alla sua XIII edizione.
Molti i nomi presenti a questa edizione, svoltasi il 20 e il 21 Maggio, che ha visto l’alternarsi sul palco del Monk Club di Roma artisti nazionali e internazionali conosciuti durante i viaggi fatti anche nel nostro paese alla ricerca di giovani talenti. Quest’anno ad esibirsi sono stati artisti italiani come i sardi Don Leone, un duo dalle capacità e la forza sonora di una vera e propria band; i The Cyborgs, altro duo che nonostante nascondano le loro identità dietro un travestimento quasi fantascientifico, non fanno, invece, mistero del loro talento musicale sfoggiandolo in un esibizione entusiasmante e coinvolgente. Italiani erano anche i talentuosi Paul Venturi & Simone Scifoni, altro duo in grado di trasportare il pubblico nelle terre del Missisippi per tutta la durata della loro esibizione e non da meno era il one man band Black Snake Moan con il suo blues psichedelico. Ma il palco ha ospitato anche artisti internazionali come Vieux Farka Touré, musicista originario del Mali con il suo jazz contaminato dalle sonorità tradizionali e il virtuoso della chitarra slide Jack Broadbent direttamente dall’Inghilterra.
Ma il Mojo Station Blues Festival non è solo una rassegna musicale, nelle due giornate che si sono susseguite oltre ai concerti l’organizzazione ha dato vita a molte altre attività che hanno coinvolto famiglie e persone di tutte le età creando un ambiente diversificato: «essenziale è stata la multimedialità dei linguaggi che per noi significa trovare una vesta comunicativa adeguata, da questo punto di vista l’impatto grafico è di fondamentale importanza. Ci siamo serviti nel tempo di molti fumettisti di rilievo per aprirci ai nuovi linguaggi, uno in particolare,Andromalis, che ha curato le vesti grafiche del nostro festival permettendoci così di poter intraprendere strade nuove facendo collabire diverse classi e realtà sociali nel nostro festival. Inoltre abbiamo voluto compattare il tutto in due giorni, dividendo gli eventi in due fasce, quella serale adibita ai concerti e quella pomeridiana, in particolar modo della domenica dove si sono svolti laboratori per ragazzi, grazie alla collaborazione con la cooperativa “Il Treno” che si occupa della comunicazione tra bambini udenti e bambini sordi» ci dice sempre Gianluca Diana, inoltre sono state fatte proiezioni di documentari di stampo sociale e oltre ai momenti laboratoriali e di attività aperti a tutti che hanno visto la partecipazioni di associazioni fortemente radicate nel territorio romano come è quella di “Baobab” impegnata nell’inserimento dei migranti all’interno del nostro territorio, una bella occasione per condividere un pasto e fare nuove conoscenze tutti insieme. La risposta è stata ottima, tanto che abbiamo avuto casi di bambini che oltre alle attività si sono poi appassionati a molti musicisti, come il piccolo Matteo (nome di fantasia) che è rimasto ammaliato dallo spettacolo dei The Cyborgs, i quali, una volta notata la presenza del ragazzo non hanno esitato a interagire con lui durante il concerto.
Un evento musicale sicuramente degno di nota, sia per la visibilità data ad un genere musicale ormai sempre meno presente sui palchi nostrani, sia per la forte commistione con altri ambiti culturali che sono stati messi in campo con un resa ottimale nonostante tutte le difficoltà che si affrontano oggi, quando si tratta di dover allestire un eventi culturali. Speriamo dunque che questo viaggio oltreoceano possa continuare e che possa restituirci ancora altre edizioni e altri bellissimi momenti di musica nei locali romani.
Tommaso Fossella