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Obiettivo5 alla Sapienza: formazione e discorsi sulla parità di genere

L'immagine rappresenta la copertina dell'evento "Obiettivo5" alla Sapienza di Roma

La parità di genere e le sue molteplici declinazioni sono state al centro di due giorni di lavori, tra conferenze,

workshop e interviste, che hanno animato l’Università tra il 7 e l’8 marzo 2024. Obiettivo5, il campus di formazione promosso dal Corriere della Sera, La27esimaOra, iO Donna e Le Contemporanee, è giunto nel 2024 alla sua terza edizione. L’iniziativa si colloca nell’ambito dei 17 obiettivi dell’Agenda ONU 2030, tra i quali il quinto è dedicato al raggiungimento dell’uguaglianza di genere e dell’autodeterminazione delle donne: l’università diviene luogo privilegiato in cui formarsi, discutere, accogliere diversi punti di vista affinché si raggiunga una maggiore consapevolezza su quanto lavoro c’è ancora da fare, in Italia e non solo, per avvicinarsi all’obiettivo di una parità reale e completa.

L’apertura ufficiale dei lavori, nonché evento centrale della giornata del 7 marzo, è stata ospitata dall’Aula magna del Rettorato: “Facciamo rumore contro la violenza” è il titolo dell’incontro e ospite principale è stato Gino Cecchettin. Barbara Stefanelli, vicedirettrice del Corriere della Sera, Danda Santini, direttrice di iO Donna, e Valeria Manieri, co-fondatrice de “Le Contemporanee”, hanno introdotto il panel spiegando gli obiettivi e lo spirito di Obiettivo5:  un’occasione per portare la questione di genere fuori dagli spazi ristretti a cui è spesso confinata e porla al centro del dibattito pubblico. Su questo aspetto hanno dialogato la senatrice Emma Bonino e Gianluca Gagliano, rappresentante degli studenti in Senato Accademico e membro dell’associazione studentesca Minerva, moderati dalla giornalista Alessandra Arachi. Tema cruciale è la partecipazione maschile alla lotta contro la violenza di genere: Bonino ha infatti menzionato la sua campagna “Ora tocca a noi”, rivolta ai sindaci delle città italiane, finalizzata a costruire un protagonismo degli uomini nell’azione contro i femminicidi e ogni forma di prevaricazione maschile sulle donne. A fronte di un alto numero di adesioni – hanno infatti aderito primi cittadini di importanti città italiane come Roberto Gualtieri, Dario Nardella, Giorgio Gori, Matteo Lepore -, racconta la senatrice, iniziative concrete nella lotta alla violenza di genere sono state scarse se non inesistenti. Gagliano ha a questo proposito affermato che la violenza di genere, come altre questioni che necessitano di attenzione e lavoro continui, segue parabole in cui picchi di rilevanza mediatica, subito dopo un femminicidio o un qualsiasi evento eclatante, precipitano nel giro di pochi giorni per fare poi spazio ad altro. Le dinamiche dei social network, per cui una notizia prima è al centro del focus mediatico e in poco tempo è spazzata via da un nuovo argomento di dibattito, impediscono di fare un serio lavoro di divulgazione e sensibilizzazione su un tema per cui l’elaborazione culturale è necessaria: i 25 novembre e gli 8 marzo, ripete più volte Bonino, hanno un valore meramente simbolico se anno dopo anno non si riescono a fare progressi, se i dati sui femminicidi sono sempre più allarmanti. In questo senso, l’università ha un ruolo molto significativo: gli  studenti devono riunirsi, organizzarsi, dialogare, fare politica nel senso più alto del termine, lavorare costantemente per eradicare tutti gli elementi culturali che da sempre contribuiscono alla violenza maschile creando un ambiente per essa fertile. Gino Cecchettin, padre di Giulia Cecchettin, che di femminicidio è morta lo scorso 11 novembre, ha dato su questo una lezione di lucidità e coraggio: nel raccontare il dolore della perdita di una figlia, ha sottolineato quanto questo dolore possa essere anche uno strumento. In primis, uno strumento di lavoro su se stesso: grazie anche al supporto della figlia Elena, ha compreso su quanto siano massicce e ben presenti nella nostra società le manifestazioni del patriarcato, di quante forme diverse possa assumere una cultura del potere e del possesso maschile sulle donne, che culminano nella più violenta in assoluto, il femminicidio. Cecchettin ha poi parlato della sua scelta di impegno pubblico e civile: sebbene agli occhi di molti risulti più tollerabile una persona che affronta il dolore e il lutto ripiegandosi su se stessa e scegliendo il silenzio, è in realtà molto più utile occupare, con la propria storia, uno spazio, per parlare, per raccontare, per lottare, per far sì che dopo la morte di Giulia non ci sia soltanto qualche giorno di sdegno, ma un’azione collettiva perché altre donne come Giulia restino vive.

Tra le varie forme che assume la discriminazione di genere ce n’è una particolarmente importante: il linguaggio. Di lingua e delle sue implicazioni sociali si occupa Vera Gheno, sociolinguista, saggista e attivista, che ha aperto il workshop “Atmosfere sessiste: come difendersi” presso l’Aula Falcone e Borsellino della Facolà di Giurisprudenza. Il sessismo, il fenomeno di costante svalutazione e discriminazione in base al sesso e all’identità di genere, ha diverse forme: può essere esplicito e violento, ma può anche assumere fattezze, apparenti, di benevolenza e gentilezza. Tanti fenomeni del nostro mondo, se osservati, recano evidenti tracce di sessismo, ma tra le più interessanti e indicative c’è inevitabilmente il nostro modo di comunicare: le parole non sono solo uno strumento di espressione, ma sono manifestazione dei nostri schemi di pensiero, inclusi pregiud

izi, e luoghi comuni. Educare il nostro linguaggio al femminismo significa educare noi stessi all’accoglienza e all’inclusione. L’intervento di Gheno è seguito dal dialogo tra la giornalista Alessandra Arachi e Giulia Paganelli, filosofa, storica e antropologa. Al centro della riflessione di Paganelli c’è il corpo, da sempre bersaglio privilegiato di esercizio del potere: il corpo delle donne è costantemente sottoposto a tentativi, riusciti, di standardizzazione e costrizione, rispetto ai quali i corpi che risultano non conformi sono esclusi e puniti. Riappropriarsi del corpo, accettare la molteplicità dei corpi e rivendicarne la libertà, è un’essenziale azione di lotta, afferma Paganelli.

Intervista a Giulia Paganelli:

      Nuovo-memo-88

L'immagine rappresenta l'intervento di Simona Ventura durante gli incontri in Sapienza relativi alla parità di genere

Nel pomeriggio di giovedì 7 marzo 2024, presso l’aula T1 dell’Università La Sapienza di Roma, si è svolto l’incontro incentrato sul mondo della televisione e la necessità di superare gli stereotipi di genere. La protagonista dell’evento è la celebre giornalista e conduttrice televisiva, Simona Ventura. Il dibattito, intitolato “Come fare tv: oltre gli stereotipi di genere e la noia” è condotto con maestria dalla giornalista Flavia Fratello di La7, con il cofounder Le Contemporanee Valeria Manieri e il professore Michel Martone, professore ordinario Diritto del Lavoro e Relazioni industriali presso la Sapienza Università di Roma. Durante la conversazione, Simona Ventura ha condiviso la sua ricca esperienza nel mondo della televisione, partendo dalle sue umili origini provinciali e sottolineando con orgoglio come queste radici abbiano contribuito al suo successo.  L’obiettivo principale dell’incontro è esplorare il tema della parità di genere e affrontare gli stereotipi che persistono nel mondo lavorativo, concentrandosi in particolare sull’industria dell’intrattenimento e dello spettacolo. Simona Ventura, figura di spicco nel panorama televisivo italiano, ha ringraziato gli uomini che hanno creduto in lei nel corso della sua carriera, aprendo la strada a molte opportunità professionali. Sin dai suoi esordi nel 1987, quando il giornalismo sportivo era un territorio prevalentemente maschile, la conduttrice si è distinta come inviata per piccole emittenti locali, gettando le basi per la sua carriera di successo.

«Direi che il mondo della comunicazione è cambiato tanto.Noi ragazze degli anni ‘80 eravamo più prodighe a cercare ogni eventualità, eravamo pronte a cadere e rialzarci continuamente. Adesso è più difficile. È vero che ci sono molti modi di comunicare, ma è altrettanto vero che questa comunicazione rende paradossalmente più soli e fragili. A volte le giovani ragazze e i giovani ragazzi si sentono fallire, ma non è così. Loro devono continuare a provarci. Crederci sempre, arrendersi mai!» Simona Ventura.

Nell’incontro, è emersa la consapevolezza dei cambiamenti avvenuti nel corso degli anni (in particolar modo con l’avvento dei social media), con la rottura di numerosi tabù e l’ingresso sempre più frequente delle donne nell’ambito sportivo. Tuttavia, Simona Ventura ha sottolineato che ancora molte donne, nonostante la presenza e l’influenza crescenti, si trovano a dover affrontare stereotipi legati al genere, specialmente quando si tratta di ruoli di conduttrici televisive associate tradizionalmente agli uomini. La giornalista ha concluso l’incontro incoraggiando giovani donne e uomini a perseguire i propri interessi con coraggio, a intraprendere lavori che amano piuttosto che cedere a compromessi che non porterebbero soddisfazione. Il suo messaggio, carico di esperienza e determinazione, si rivela un faro per le nuove generazioni desiderose di superare gli ostacoli e costruire percorsi professionali significativi.

L'immagina rappresenta le protagoniste che hanno preso parte all'evento "La libertà di scegliere. Affettività e sessualità nel racconto dei media"Nello scenario dell’aula T1 dell’Università La Sapienza di Roma, si è anche tenuto l’incontro dal titolo “La libertà di scegliere. Affettività e sessualità nel racconto dei media.” Moderato da Astrid de Berardinis, vicepresidente di WIFTMI e Vice President Paramount Global, nonché arteterapeuta, l’evento ha ospitato illustri ospiti, tra cui Francesca Manieri, creatrice e autrice di “Supersex“; Paola Panarese, presidente del corso di Laurea magistrale in Gender Studies, culture e politiche per i media e la comunicazione; Chiara Sfregola, scrittrice, sceneggiatrice e regista (in collegamento remoto); e Marica Spalletta, professoressa associata di Sociologia dei processi culturali e comunicativi presso l’Università degli Studi LINK Roma. Durante l’incontro, sono state affrontate tematiche “calde” e prospettive dibattute, gettando luce su due angolazioni fondamentali: quella di chi produce prodotti culturali e quella di chi li analizza con uno sguardo critico. Tra gli argomenti trattati, spicca la discussione con due autrici televisive e di serie TV che esplorano la sessualità e l’ipersessualità, con particolare riferimento a “Supersex,” una serie uscita il 6 marzo su Netflix che racconta la storia di Rocco Siffredi, interpretato da Alessandro Borghi. Francesca Manieri, autrice e sceneggiatrice della serie, ha condiviso preziose riflessioni e ha evidenziato le differenze tra le piattaforme di streaming e le reti televisive generaliste, sollevando ulteriori interrogativi sulla rappresentazione e autorappresentazione di queste tematiche nei media. Paola Panarese, in veste di docente e studiosa della relazione tra genere e media, ha approfondito la rappresentazione della sessualità e dei corpi, con un focus sui social media e sull’autorappresentazione di donne e uomini. Il dibattito si è concentrato sulla libertà di rappresentarsi come si desidera, considerando le “affordances di genere” che influenzano l’autorappresentazione tra vincoli sociali e tecno-culturali. Inoltre, Marica Spalletta ha condiviso i risultati della sua ricerca sui pubblici giovanili, rivelando una tendenza confortante verso la normalizzazione della parità di genere in alcune dimensioni, ma con sfide persistenti nel mondo professionale e nel gender pay gap. Le protagoniste dell’incontro si sono interrogate sulla validità del concetto di libertà di scegliere e sulla narrazione dei media, sollevando la domanda fondamentale sulla reale libertà dei media di rappresentare contenuti legati al genere e alla rappresentazione dei corpi. L’evento si è rivelato una tappa fondamentale nel dibattito sulla libertà di scegliere e sulla rappresentazione mediatica, invitando alla riflessione sulla necessità di una rappresentazione equa e inclusiva nelle narrazioni contemporanee.

      Intervista-a-Paola-Panarese

In conclusione, l’evento ha offerto una panoramica ampia e articolata sulla complessità delle questioni di genere, spaziando dalla violenza alle dinamiche dei media. Obiettivo5 si conferma così non solo come un luogo di discussione, ma anche come un motore di cambiamento e sensibilizzazione per un futuro più equo e rispettoso delle diversità di genere.

L’articolo e le interviste sono a cura di Francesca Benassi e Lorena Evangelista.