Si è tenuta il 25 Marzo, presso l’aula B10 del Coris, la presentazione del libro Perché non ci indigniamo? di Paolo Mancini: ad introdurre i temi dell’opera il professor Alberto Marinelli e la professoressa Sara Bentivegna, insieme all’autore presente in sala. Mancini con questo libro si pone l’obiettivo di analizzare il concetto di indignazione come pratica umana e sociale, ponendo l’accento su una prospettiva sociale, politica e giudiziaria circoscritta al caso italiano.
Il primo degli interventi è quello di Sara Bentivegna, che ci introduce ad una prospettiva sociologica dei processi che caratterizzano il tema dell’indignazione.
Partendo dal presupposto che l’indignazione è un sentimento di rivalsa, un forte impulso che spinge all’azione, ci si interroga sulla mancanza di iniziativa e sull’assenza di quella stessa spinta da parte del popolo italiano. L’autore a tal proposito individua due possibili cause: la prima si lega al macrocontesto culturale ed identitario italiano, che vede nella reiterata elusione delle norme condivise una pratica abituale e più che accettata; l’altra si allaccia invece alla questione politico-giudiziaria nella storia italiana, dove l’inefficienza e le controversie hanno man mano instillato nell’opinione pubblica senso di sfiducia e generale mancanza di solidarietà.
L’indignazione assume oggi le caratteristiche di una messinscena, un agire performativo dove la rabbia esiste ma è priva di una progettualità di fondo, di una speranza che le cose migliorino.
Segue poi l’intervento del professor Marinelli, che si sofferma sul crollo di determinati valori politici e sociali che caratterizzarono tutto l’arco del Novecento: il discorso pubblico e le speranze si disgregano, lasciando libero il passo a soggetti politici che fanno del populismo becero il proprio cavallo di battaglia.
A concludere l’incontro è proprio l’autore del libro, Paolo Mancini, che si sofferma su quattro punti fondamentali che caratterizzano la sua analisi: il binomio indignazione-speranza, che parte dall’idea che oggi non esiste un sentire comune a sospingere i processi tendenzialmente individualistici dell’indignazione, il processo di globalizzazione, che progressivamente cambia la cultura nazionale del paese, un giudizio schizofrenico sulle questioni giudiziarie interne ed infine l’identificazione con i soggetti politici, il cui operato discutibile è accettato e sostenuto poiché simbolo di una struttura sociale tutta italiana.
Di seguito la mia intervista all’autore del libro, Paolo Mancini: