Nella giornata di giovedì 26 ottobre, nell’Aula Magna dell’edificio Marco Polo dell’Università La Sapienza di Roma, è stato presentato l’Osservatorio indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne – STEP.
L’Osservatorio nasce dalla collaborazione scientifica tra il Dipartimento di psicologia dei processi di sviluppo e socializzazione dell’Università La Sapienza; le Commissioni Pari Opportunità (CPO) della Federazione Nazionale della Stampa (FNSI), del Consiglio Nazionale dei Giornalisti e dell’Unione sindacale giornalisti Rai (Usigrai); GiULiA (Giornaliste Unite Libere Autonome) e il Dipartimento di Economia, Ingegneria, Società e Impresa (DEIM) dell’Università degli Studi della Tuscia.
Osservatorio STEP: per un cambiamento nelle rappresentazioni della violenza sulle donne
Secondo il Global Gender Gap Report 2023 del World Economic Forum, l’Italia è al 79esimo posto per la riduzione del gender gap, la posizione più bassa tra gli Stati occidentali, nonostante sia considerato uno dei paesi più avanzati sulle tematiche di equità, parità e diritti.
A confermare questi dati è stata anche l’indagine portata avanti dal progetto STEP – realizzato dall’Università degli Studi della Tuscia, in partnership con l’Associazione Differenza Donna Ong – dalla cui ricerca è emersa la densità di stereotipi e pregiudizi che colpiscono le donne vittime di violenza, sia in ambito giudiziario che nella carta stampata.
Difatti, l’analisi delle sentenze e dei linguaggi mediali ha messo in luce come le narrazioni – utilizzate per trattare casi di violenza contro le donne, sia da parte dei giudici che dei giornalisti – tendano a deresponsabilizzare l’autore della violenza e a incriminare la vittima, un fenomeno noto come victim blaming.
Come è stato riconosciuto già nel 2013 con la Convenzione di Istambul, “la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza stereotipati in maniere diseguali tra i sessi, che hanno portato alle discriminazioni nei loro confronti”, ragion per cui “è importante favorire il dialogo tra lo studio e la ricerca”, ha affermato la docente e presidente dell’Osservatorio Flaminia Saccà.
Infatti, come ha sottolineato anche nel suo intervento la prof.ssa Anna Maria Giannini, delegata della Rettrice alle Pari Opportunità della Sapienza, l’Osservatorio si pone anche l’obiettivo di formare e ampliare la sensibilizzazione nei confronti delle tematiche di genere, occupandosi non soltanto di ricerca, ma anche di didattica e di terza missione.
Senza dubbio fare rete è “la chiave per affrontare i problemi complessi” come la violenza di genere, la quale necessita di essere considerata ed esaminata in maniera trasversale e su più fronti. In questo la formazione ha un ruolo essenziale, poiché può contribuire a incrementare non soltanto la conoscenza sulle tematiche di genere, ma anche essere l’ausilio tramite cui narrare e rappresentare con maggior consapevolezza il fenomeno delle violenze e delle discriminazioni di genere.
Difatti, la collaborazione con la FNSI, l’Usigrai, l’Ong e GiULiA è fondamentale in quanto consente di diffondere tra i colleghi “l’importanza e la cultura nell’utilizzare le parole giuste”, ha riferito Paola Spadari, Segretaria nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.
Una sensibilità e attenzione già consolidata nel 2017 con la firma del Manifesto di Venezia in cui giornaliste e giornalisti, firmatari del Manifesto, si sono impegnati “per una informazione attenta, corretta e consapevole del fenomeno della violenza di genere e delle sue implicazioni culturali, sociali, giuridiche. La descrizione della realtà nel suo complesso, al di fuori di stereotipi e pregiudizi, è il primo passo per un profondo cambiamento culturale della società e per il raggiungimento di una reale parità” (Manifesto di Venezia, 2017).
Il merito di tale traguardo nel settore giornalistico va attribuito senza dubbio a GiULiA, come ha tenuto a riconoscere Vittorio di Trapani, Presidente FNSI. “L’utilizzo delle parole non è un utilizzo neutro. Si tende a delegittimare. Le parole sono scelte, azione e responsabilità. Quando scelgo una parola è una scelta di un percorso di civiltà”, ha concluso di Trapani.
Dunque, per tutte queste ragioni non può essere più lecito giustificare l’utilizzo di alcune parole con il virgolettato o continuare a normalizzare la violenza spostando il focus della narrazione sulle ragioni che hanno spinto l’uomo (il più delle volte il partner o ex partner) a un gesto violento nei confronti della donna.
Tuttavia, uno dei risultato più rilevanti, emersi dallo studio di più di 16mila materiali col progetto STEP, è stato quello di riuscire a indirizzare e attribuire l’erronea rappresentazione della violenza di genere non solo ai linguaggi mediali, ma in primis alle sentenze giudiziarie. Infatti, come ha mostrato durante il suo intervento la prof.ssa Saccà, nelle sentenze molti giudici fanno emergere col loro linguaggio un forte condizionamento dovuto a stereotipi e pregiudizi sulle vittime di violenza, che li porta a considerare elementi come il vestiario o l’atteggiamento della vittima come attenuanti per giustificare il gesto violento.
Senza dubbio – come ha affermato Luca Massidda, dottore dell’Università della Tuscia – per eliminare le narrazioni tossiche è necessario prima di tutto cercare di scardinare gli stereotipi e i pregiudizi che hanno portato negli anni a rappresentare la donna in una duplice veste: da una parte femme fatale e dall’altra angelo e madonna. Per riuscire in tale impresa, l’Osservatorio ha la mission di lavorare su più fronti in modo da poter accelerare il processo di cambiamento sulle questioni di genere e nello specifico sulla violenza contro le donne.
Alla fine dell’incontro ai microfoni di RadioSapienza sono intervenute la prof.ssa Flaminia Saccà, presidente dell’Osservatorio indipendente sui media contro la violenza nel linguaggio sulle donne
e Silvia Garambois, giornalista e presidente di GiULiA (Giornaliste Unite Libere Autonome)