Nel pomeriggio di giorno 7 febbraio 2024, presso Palazzo Corsini, sede dell’Accademia dei Lincei, si è tenuta la presentazione del volume “Poesía y música en la Roma barroca. El cancionero español Corsini 625”. Il testo in esame è un canzoniere poetico-musicale, nobile esempio della grande vitalità della poesia spagnola in Italia. Risalente al XVII secolo, è custodito nella biblioteca dell’Accademia dei Lincei a Roma.
In seguito agli abituali ringraziamenti di apertura, la conferenza è proseguita con gli interventi del gruppo degli otto studiosi che si sono occupati dell’edizione e lo studio del manoscritto. A prendere parola sono state, infatti, svariate e considerevoli personalità tra cui filologi (Patrizia Botta, Aviva Garribba, Massimo Marini e Debora Vaccari), musicologi (Francesco Zimei), paleografi (Cristina Mantegna e Francesca Santoni) e storici (Isabella Iannuzzi).
I testi raccolti sono 33, appartenenti per lo più al filone della lirica ispanica tradizionale, tra i quali spiccano romances, letrillas satiriche, varie sopravvivenze medievali e varianti testuali, spesso arcaiche e lontane dalle sillogi spagnole coeve. Inoltre, alcune di queste poesie appartengono ad autori famosi quali Lope, Quevedo e Alcázar, altri testi, invece, circolarono solo in Italia. Il canzoniere vide nell’appartenenza alla biblioteca corsiniana e nel ritratto del principe Michele Peretti, presente in copertina e conservato proprio nella pinacoteca corsiniana, i due motori d’azione che hanno spinto alla ricerca. Fu proprio grazie allo spunto colto da questi due gioielli appartenenti alla sede di Palazzo Corsini che gli studi presero piede. Dall’analisi condotta sono emerse svariate peculiarità proprie del canzoniere, prima tra le tante l’alto numero di unica che non figurano in nessun’altra fonte e che sono rimasti inediti fino ad oggi. Luce è stata gettata, inoltre, su due caratteristiche poco studiate dagli spanisti: un aspetto musicale, ovvero il rapporto tra testo e musica, e uno storico. Per quanto concerne la parte musicale, nel manoscritto la messa in pagina del testo poetico è subordinata a logiche musicali: chi si impegna a copiare il canzoniere è il chitarrista così, alle volte, la metrica risulta nascosta, celata dalle molteplici ripetizioni musicali le quali, al contrario, rimangono fedeli ai modi di ripetizione. L’aspetto storico mostra invece come nell’Italia ma, soprattutto, nella Roma di quel tempo, fosse avvenuta una prestigiosa assimilazione di canzonette spagnole accompagnate da note di chitarra. Riprova di ciò è la fioritura di canzonieri ispanici i quali non solo sono stati conservati in Italia ma, per giunta, composti proprio nel territorio italiano. In quel periodo, infatti, l’Italia possedeva ampi territori che erano appartenenti alla corona di Spagna e ciò le aveva dato il titolo di “seconda patria” o “patria minore”. Roma, inoltre, assistette ad una circolazione tutta romana di canzoncine ispaniche, trasmesse da un palazzo all’altro dei nobili dell’urbe, grazie ai quali ne venne promossa la diffusione.
Sebbene di breve durata, gli interventi sono stati chiari, esaustivi ed interessanti, dimostrazione di come gli studi e la ricerca su quest’opera siano stati un’esperienza interdisciplinare assai stimolante e feconda.
Abbiamo posto alcune domande a Patrizia Botta, curatrice della presentazione di tale volume, a seguire l’intervista:
Link Accademia Nazionale dei Lincei