Sono passati circa sessant’anni dalla pubblicazione di 1984 di George Orwell, ma a quanto pare mai come oggi “i grandi fratelli ci stanno guardando”. Lo ha affermato Antonello Soro, presidente dell’Autorità Garante della privacy, nella relazione sull’attività del 2016 presentata pochi giorni fa a Montecitorio in presenza del Presidente della repubblica Sergio Mattarella e della presidente della Camera Laura Boldrini. Focus della discussione, l’esistenza di pochi monopolisti del web con un patrimonio di conoscenza gigantesco, dati e profilazioni degli utenti, che gli consentirebbero di influenzare decisivamente la vita di ciascuno.
I moniti di Soro sono iniziati già qualche settimana fa. Il 15 maggio scorso il presidente interveniva a Roma per presentare il percorso italiano verso il nuovo Regolamento europeo in materia che sarà applicabile in tutti i Paesi Ue a partire dal 25 maggio 2018. La nuova direttiva punterà a rispondere alle sfide poste dagli sviluppi tecnologici e dai nuovi modelli di crescita economica, tenendo conto delle esigenze di tutela dei dati personali sempre più avvertite dai cittadini. La precedente normativa infatti mostrava i suoi anni, essendo stata formulata nel 1996, in un’epoca in cui Internet non aveva ancora dispiegato tutta la sua ‘potenza di fuoco’ (e tutte le problematiche annesse).
E vengono proprio da internet le criticità presentate nell’ultima relazione di Soro. Il dato più sconcertante riguarda sicuramente la pedopornografia, di cui viene segnalata una crescita vertiginosa, soprattutto nel dark web. Nel 2016 sono state censite circa due milioni di immagini, il doppio rispetto all’anno precedente. La fonte del materiale? Ognuno di noi. Soro ha esplicitamente invitato a moderare il fenomeno di pubblicare immagini di bambini sulle nostre pagine social, in particolare rivolgendosi ai genitori che sembrano mettere online foto dei figli in modo incontrollato.
Anche Facebook compare nella relazione di Soro, in particolare riguardo all’eliminazione di tutti i profili fake, definiti “autismo informatico”. Bocciata anche la realizzazione di un progetto privato che affidava ad un algoritmo la misurazione della reputazione delle persone, in quanto considerato “lesivo della dignità”. Preoccupanti anche i dati su cybersecurity e“telemarketing selvaggio”: nel 2016 le aziende italiane hanno avuto danni per circa 9 miliardi di euro a causa di attacchi informatici mentre sono state accertate dal Garante rilevanti illeciti da parte di società di telefonia in relazione alle modalità di fruizione del marketing telefonico. In generale, il numero delle violazioni amministrative contestate è aumentato del 38 per cento circa, nella maggior parte trattandosi di data breach illegale, ovvero omissione di comunicazione ai diretti interessati sul trattamento dei loro dati personali. Ispezioni rivolte anche alle società che operano nel settore del car sharing, dei giochi online e delle agenzie di lavoro interinale.
Due sono invece le “aperture” concesse dal Garante: nel primo caso è intervenuto per regolamentare l’uso delle impronte digitali per il controllo agli accessi delle strutture ospedaliere; nel secondo ha dato via libera alla consultazione, in ambito universitario, da parte degli atenei dell’Anagrafe nazionale per verificare i titoli autocertificati degli studenti.
Siamo difronte ad una nuova sfida della modernità, un tema che tocca ognuno di noi e che incide direttamente sulle nostre vite. Il sistema politico e giudiziario sarà in grado di stare al passo con l’evoluzione tecnologica ed informatica?
Sara Corrieri