Al principio di questa settimana, precisamente lunedì 19 febbraio, la sede dell’Agcom in Via Isonzo ha ospitato l’evento relativo ai risultati dell’ultimo studio economico-statistico, per rispondere a vari quesiti. Il comune denominatore, fra questi, era: ma gli italiani sono davvero un popolo informato?
Dopo il discorso in apertura del presidente Agcom Angelo Cardani, dedicato a ribadire la base solida di studio fatta dall’Autorità e una mirata critica a coloro che credono per superbia di poter “ragliare a piacere” su temi che non conoscono a sufficienza, si son descritti i risultati principali della ricerca.
Questi dati, frutto di un’indagine condotta nel 2017 da Gfk Italia per l’Autorità su un campione di oltre 14.000 individui rappresentativo della popolazione italiana, ha messo in evidenza alcune principali evidenze, illustrate per l’occasione dal dottor Del Mastro.
L’identikit dell’italiano medio che esce dall’ultimo rapporto dell’Agcom sul consumo di informazione è un toccasana per l’autostima di un’intera nazione: il 95% dei cittadini si informa su almeno un mezzo di comunicazione, oltre l’80% accede all’informazione tutti i giorni.
La televisione si conferma ancora come il mezzo con maggiore valenza informativa, sia per frequenza di accesso (il 90% degli italiani lo utilizza a tale scopo) sia per importanza e affidabilità percepite, allo stesso tempo anche internet sale nella graduatoria con il 70% della popolazione che vi si affida per reperire notizie.
Anche i quotidiani, consultati quotidianamente per informarsi da meno del 20% di individui, guadagnano terreno se si considera una frequenza di lettura meno ravvicinata nel tempo, raggiungendo ancora livelli non distanti da quelli di internet e della radio.
Temi ricorrenti nei vari interventi sono legati al consumo effettivo, che si distingue da un tipo di fruizione superficiale, e la cross-medialità, vista come arma a doppio taglio: da un lato innalza la possibilità di esposizione all’informazione, dall’altro potrebbe favorire un consumo disattento delle notizie e accrescere il rischio di disinformazione.
Oltre a discutere di polarizzazione delle opinioni, strettamente legate all’uso di social network, si è considerata non solo la qualità, ma anche la distribuzione dell’informazione. Fonti algoritmiche e bot hanno provocato anche la nascita spontanea di un dibattito sull’importanza del fact-checking e sul ruolo del contatto umano come regolatore del flusso h24.
Più esperti nel campo della comunicazione, durante il confronto, hanno riconosciuto e concordato sulla rilevanza del ruolo dell’educazione al digitale, elemento che andrebbe unito ad un maggiore controllo e una maggiore trasparenza da parte delle istituzioni.
In conclusione il professor Morcellini ha illustrato un suo lavoro, intitolato “La Crisi del Giornalismo nell’età dell’abbondanza”, che rimarca alcune tematiche già affrontate durante l’evento, aggiungendo riferimenti a classici più o meno recenti sul tema comunicazione, come Cassirer e Durkheim.
Federica Tuseo