Si è svolto mercoledì 3 maggio 2017, presso il Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale, il seminario dal titolo: “Religioni nella metropoli. Tra consumo e fondamentalismo”.
L’incontro è stato aperto dal professore Fabio Tarzia, docente dell’Università di Roma La Sapienza che, con la sua relazione “Monoteisti al bivio?”, ha eposto una chiave di lettura alternativa sul consumo nella religione. Il consumo è quì considerato come un demone scatenante: la relazione consumatore – prodotto non accetta infatti alcuna mediazione, innalzando una struttura mentale individualista che contrasta l’etica della religione calvinista.
Secondo Tarzia è l’Islam la religione più predisposta al consumo, proprio perchè “emerge come religione dei mercanti, che si alleano con le masse più deboli”. Questa sorta di elemosina, riconosciuta quì spirituale, ha l’obiettivo di raggiungere il benessere e la cooperazione comuni, che non pare ci siano se si pensa al divario sociale scatenato dalla ricchezza ostentata di Paesi arabi come Emirati e Arabia Saudita. La figura di Osama Bin Laden, in tal senso, è quasi un emblema per la ricerca del welfare sociale: una persona proveniente da una famiglia ricca, da cui si distacca per tornare all’origine. Un’atra testimonianza offerta dal docente è legata al suo passato personale: Tarzia si è detto colpito quando a Gerusalemme, nel quartiere arabo, vide giovani donne con il velo e negli occhi una forma accentuata di trucco, che qui in Occidente potremmo considerare esagerata.
Ed ecco il ruolo del consumo si spiega da solo in questo istante: una volta che si sono rispettate le regole di purificazione (in questo caso il velo), l’Islam lascia spazio all’espressione dello stesso consumo.
D’altra parte il Cattolicesimo, altra grande religione monoteista, cerca di offrire due soluzioni a questi aspetti alienanti del consumo: la prima è quella di Benedetto XVI che con la Chiesa di minoranza, afferma che la stessa Chiesa può essere moderna essendo antimoderna. Il significato del messaggio profettico è quello di resistere.
L’altra soluzione è quella di Papa Francesco, che promuove una Chiesa aperta, anche al cambiamento e la globalizzazione, in questo caso, non rappresenta un problema.
Ma se il consumo è quasi il motore di tutte le nostre vite, allora il Cattolicesimo sta scomparendo?
Difficile dirlo, ma secondo alcuni studi geopolotici la sua grande espansione starebbe avvenendo proprio in Cina, dove l’Islam e il BUddhismo non sono prevalenti.
La parola è poi passata al Professor Vincenzo Pace, docente dell’Università di Padova, che con la sua relazione “Consumare Islam. Da Mecca-Cola a Dolce e Gabbana.” ha esposto un quadro più specifico sugli usi e consumi del mondo islamico.
La stragrande maggioranza islamica sta in Indonesia e ormai l’essere musulmano/musulmana è diventato un’etichetta. Nel 2013 questa popolazione ha speso 266 miliardi di dollari in calzature (circa la stessa cifra spesa da Inghilterra, Germania e India in abbigliamento); questa cifra nel 2019 salirà a 480 miliardi.
Perchè sta succedendo questo?
La risposta riguarda i giovani consumatori, che non hanno più legami con il modello patriarcale conosciuto e vissuto ancora nel sistema occidentale.
Alcuni indicatori della crisi del sistema patriarcale sono senza dubbio la fecondità che si abbassa (in Tunisia sotto al 2%), l’endogamia che rallenta e la località, nel senso che il figlio tenderà a non vivere più vicino alla sua famiglia di origine. Tutto questo in relazione al miglioramento della libertà del cittadino, ai limiti del possibile ovviamente, e a una vita politica decente.
Nel 2016 Dubai ha ospitato la prima fashion week; quest’anno D&G è sbarcato nel mondo musulmano, con una boutique per bambini a Dubai; le vendite e-commerce hanno registrato una notevole impennata soprattutto nel periodo di ramadan, poichè offrono prodotti appositamente offerti per questo periodo dell’anno.
Anche la scelta del partner diventa un mercato nel mondo islamico: queste agenzie sono ben lontane dalla nostra idea di agenzia per cuori solitari. La scelta del partner nell’Islam è un comportamento codificato, dove ciò che si fa rappresenta la propria scelta individuale che mira a rafforzare la propria identità come musulmano/musulmana.
MODANISA è la più conosciuta linea di abbigliamento in questo mondo e rappresenta un business notevole, al punto che vengono offerti corsi di formazione per divenire un buon manager in questo sempre più grande mercato .
Altro esempio notevole è quello di Mecca-Cola, bevanda esclusiva del mondo islamico, è una sorta di sfida alla più famosa Coca-Cola. Oggi Mecca-Cola è diffusain 60 Paesi, produce 20 milioni di litri all’anno e dedica il 2% del prezzo pagato alla questione palestinese.
Nei consumi del mondo islamico la cosmetica è all’ultimo posto, proprio perchè la maggior parte dei prodotti contengono dell’alcool, ma si stanno studiando delle alternative.
L’incontro è poi proseguito anche nel pomeriggio, a sostegno del fatto che il mondo islamico gestisce un business globale creando a sua volta un immenso capitale.
Alessandro Ledda