Sasha Waltz esplora il passato creando un legame col presente. Partendo dalla partitura In C scritta nel 1964 dal compositore statunitense Terry Riley, la coreografa tedesca crea un nuovo linguaggio democratico. La mente di Waltz è stata in grado di leggere una partitura musicale come se fosse una partitura per la danza, in cui gli elementi astratti e minimali diventano pulsazioni di movimento e continuità. Così, le 53 figure del primo pezzo di musica minimalista diventano 53 figure coreografiche che si ripetono creando un flusso di colori e movimenti.
I ballerini si lasciano trasportare dalla musica con l’unica regola di non ritornare su una figura già utilizzata ma di procedere sempre avanti nel flusso. Le atmosfere cambiano e cambiano i colori del palco che seguono ritmicamente i movimenti delle figure danzanti. Musica e ballo si intrecciano e sviluppano una struttura variabile e potenzialmente infinita, in grado di ipnotizzare lo spettatore. L’improvvisazione governa il gruppo che, però, sembra sapere esattamente cosa fare e il momento esatto in cui farlo: ogni elemento è in ascolto dell’altro e questa collaborazione è in grado di creare uno spazio in cui tutto diventa in ordine, seppur nel caos, in cui ogni individuo ha la libertà di esprimersi nel rispetto dell’altro.
Dalla trasmissione online a causa delle restrizioni dovute alla pandemia, la coreografia è stata presentata al pubblico solo nel 2021. Nata, infatti, durante il lockdown, è stata per Waltz il modo per ritrovare quei colori persi e donarli a chiunque ne avesse bisogno. Così, la collaborazione tra i ballerini di nazionalità diverse crea un ambiente fatto di nuove comunicazioni, nuovi linguaggi e sperimentazioni, ogni volta unici e di prima visione arrivati anche all’Auditorium Parco della Musica.
Gli iniziali passi più intimi e solitari diventano, nel corso dell’ora, spinta e unione verso l’altro. Quella che inizialmente potrebbe rappresentare la giornata tipo di una qualsiasi persona che vive nel proprio mondo e nella propria intimità è vittima di un’improvvisa esplosione così come la pandemia ha modificato ogni routine e abitudine personale. L’esperienza di conoscenza e vicinanza viene portata in scena in questo tributo all’eguaglianza, alla collaborazione tra libertà individuale e responsabilità verso l’altro. Ordine, inevitabile e imprevedibile caos e di nuovo ordine: segno che, come direbbe Nietzsche, “bisogna avere un caos dentro di sé per generare una stella danzante”.