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Il seminario “Scienze e pregiudizi” alla Sapienza

E’ andato in scena ieri nell’Aula 1 dell’Edificio di Psicologia, il seminario Scienze e pregiudizi, iscritto nella XVII edizione del Festival delle Scienze di Roma, in programma dal 21 al 27 novembre.

Il festival, che prenderà nel tempo sempre più piede all’interno della Sapienza, propone incontri che mirano ad “uscire fuori dalle aule”, per dirla con il professor Aglioti, destinati non solo ad addetti a lavori, bensì a tutti.

Apre l’incontro la professoressa di Odontoiatria Livia Ottolenghi, vicepreside vicario della Facoltà di Medicina e Odontoiatria: inquadra le definizioni di pregiudizio (“opinione preconcetta, capace di fare assumere atteggiamenti ingiusti, specie nell’ambito del giudizio o dei rapporti sociali”) e stereotipo (“qualsiasi opinione rigidamente precostituita e generalizzata, cioè non acquisita sulla base di un’esperienza diretta e che prescinde dalla valutazione dei singoli casi, su persone o gruppi sociali”), che sfociano nella discriminazione quale trattamento ingiusto verso gli altri. Essendo 25 novembre coglie l’occasione per accennare, servendosi di dati significativi, al pregiudizio di genere: meno del 30% dei ricercatori nel mondo sono donne, e se in Europa la media è leggermente migliore (41%) non è grazie a Francia, Germania, Italia (33-35%), ma a Lituania, Bulgaria, Lettonia, Portogallo, Danimarca (più del 50%). I dati mostrano che queste percentuali sono le stesse su studentesse e assistenti, mentre migliora nei dottorandi (43% circa), a testimonianza del fatto che i dati variano a seconda del ciclo di studi. E’ un discorso che parte da lontano: nel primo Novecento Marie Curie venne insignita del Premio Nobel solo grazie all’intercessione del marito, poiché il Comitato era intenzionato a conferirlo soltanto a lui e ad Antoine Henri Becquerel. Cita la Cristoforetti e della sua carriera che in un certo senso è come se fosse ostacolata dal suo essere donna: si pensi al fatto che si è sottolineato più volte nel corso degli anni del problema che avrebbe avuto se avesse lasciato i figli a terra. La presenza maschile e femminile varia a seconda del prestigio del settore di appartenenza, e chiude dicendo che le donne sono più stereotipate degli uomini (argomento caldo nella breve sessione di Q&A a fine evento).

Prende la parola il professore di Neuroscienze cognitive e Fisiologia psicologica Salvatore Aglioti, che, parlando dello stereotipo che ha a che fare da sempre con decisioni veloci, generalizzate che in quanto tali rischiano di non far percepire l’effettiva realtà e di portare alla discriminazione, presenta un esempio di ricerca neuroscientifica. Le neuroscienze sociali si occupano dei comportamenti verso l’altro: con una certa automaticità, infatti, categorizzando qualcuno si divide inevitabilmente il noi (ingroup, favorendo questo gruppo) e il loro (outgroup, discriminandolo). I livelli su cui avviene questa separazione sono molteplici: sono immediati e quasi spontanei, toccano la sfera emozionale e comportamentale. L’esempio mostrato ha come argomento la reazione al dolore degli altri: come si reagisce al dolore degli altri (ovviamente in prospettiva neuro)? In determinate zone del cervello agiscono le percezioni sensoriale e affettiva, in presenza del dolore in prima persona; per il dolore degli altri il sistema motorio, invece, cambia. Mostrando gli studi fatti sull’esempio di una puntura, cambiano lo stimolo e l’attività del muscolo di controllo e del muscolo che reagisce al dolore, a seconda se questa sia fatta a noi o agli altri. Menziona il test IAT (Implicit Association Test) e ne spiega il funzionamento: se si ha in mente un’associazione stretta tra due categorie, scegliere tra queste in un certo tempo di reazione in base a ciò che suggerisce il test. Quest’ultimo calcola un indice di preferenza (preferenza implicita) che attesta l’effettivo parere su un determinato pregiudizio o stereotipo.

Chiude l’incontro Andrea Mele, biologo, parlando dei pregiudizi degli scienziati (su provenienza, genere – citando l’esempio del mancato Nobel a Franklin che scoprì la doppia elica del DNA –, effetto Matteo e ipotesi inconsapevoli – come le proteine di microRNA e gli stimoli data dalla dopamina, sui quali si sono fatti numerosi esperimenti sui topi -) e sugli scienziati (luoghi comuni come “i vaccini sono causa di autismo”, “la terra è piatta”, “il meccanismo del paracetamolo è noto”). Smentendo ovviamente queste tre affermazioni, il professore spiega che probabilmente si tratta di chiara disinformazione, poiché forse non risulta chiaro il lavoro degli scienziati, che lavorano sulle ipotesi che studiano.