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Servono infrastrutture digitali per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità del PNRR: pesa il digital divide. A Bologna, Roma e Venezia i cittadini più consapevoli

Roma, 18 Aprile 2023 – La Fondazione per la Sostenibilità Digitale festeggia
oggi il suo secondo compleanno nella settimana dell’Earth Day e, durante il convegno che si è tenuto presso l’Università Sapienza di Roma, presenta il DiSITM City, il nuovo indice sviluppato in collaborazione con l’Istituto di Studi Politici San Pio V che mette a fuoco il rapporto fra digitale e sostenibilità nei cittadini delle 14 città metropolitane italiane.

Suddividendoli in quattro cluster, il DiSITM City analizza il livello di consapevolezza, di competenza e di azione delle persone rispetto ai diversi ambiti di ricerca: predisposizione verso la tecnologia, predisposizione verso la sostenibilità, relazioni tra tecnologia e sostenibilità in generale, relazioni tra tecnologia e sostenibilità in merito a convinzioni e comportamenti specifici relativi a specifici verticali tematici.

Digital divide e classifica delle città più sostenibili: prima Bologna, seguita da Roma Capitale. Reggio Calabria fanalino di coda.

La classifica generale che emerge dal DiSITM City nelle sue prime posizioni premia quelle città metropolitane nelle quali la consapevolezza dell’uso sostenibile delle tecnologie utilizzate, è maggiormente diffusa sul totale della popolazione: in particolare Bologna, Roma Capitale, Venezia (figura sotto). Potrebbe stupire la bassa posizione in classifica di alcune città fortemente infrastrutturate, come Milano o Torino. Essa, tuttavia, dipende dal fatto che l’indice non misura la diffusione delle infrastrutture, ma quanto le persone le usino consapevolmente in ottica di sostenibilità. In queste realtà urbane, infatti, le infrastrutture tecnologiche sono considerate come una «commodity» ed il loro ruolo come abilitatori di sostenibilità non è percepito dai cittadini. La sostenibilità cioè non è un driver ma è un elemento secondario dell’ampia disponibilità di tecnologie e servizi presenti in questi contesti urbani dove le persone, pur magari facendo uso di tecnologie utili per la sostenibilità, lo fanno senza rendersi conto di questo rapporto funzionale. Prendendo ad esempio il car sharing, si è visto che nella maggior parte dei casi questo viene utilizzato perché è comodo, piuttosto che perché è sostenibile.

Comprendere le ragioni per le quali i cittadini utilizzano strumenti e servizi pensati per supportare obiettivi di sostenibilità è fondamentale, in quanto consente di agire di conseguenza sulle politiche pubbliche” afferma Stefano Epifani, Presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale, che continua evidenziando che “si potrebbe pensare che è sufficiente analizzare il livello di adozione di strumenti e servizi sostenibili, ma siamo convinti che non si possa fare davvero sostenibilità senza cultura condivisa della sostenibilità, così come senza consapevolezza del ruolo del digitale per tali obiettivi. Per questo abbiamo sviluppato l’indice DISI™, che quest’anno decliniamo sulle città metropolitane”.

Guardando ai dati più significativi delle città metropolitane in testa e in fondo alla classifica, emergono dati interessanti:

Bologna: con una popolazione di oltre 1 milione di abitanti, Bologna è risultata al primo posto fra le città metropolitane più sostenibili. I bolognesi sono in generale fortemente digitalizzati (95%) e molto attenti alla sostenibilità (52%). Non solo fanno largo uso di infrastrutture e servizi digitali, ma selezionano i tipi di servizi disponibili sulla base della loro sostenibilità ambientale, economica oppure sociale. A riprova di ciò, dal DiSITM City emerge che i bolognesi mettono infatti al primo posto l’ambiente, al secondo posto il benessere delle persone e al terzo posto il modello economico di sviluppo.

Roma Capitale: con una popolazione di oltre 4,2 milioni di abitanti, Roma Capitale si attesta al secondo posto della classifica del DiSITM City. C’è una forte componente di digitalizzazione fra i romani rispetto alla sostenibilità e, diversamente da Bologna, Roma Capitale vede la fascia fra i 25 e i 44 anni, uomini, utilizzare il digitale in modo anche sostenibile. Anche fra la popolazione di Roma Capitale si registrano le stesse priorità di quella bolognese: ambiente al primo posto, benessere delle persone al secondo posto e modello economico di sviluppo al terzo posto.

Reggio Calabria: con una popolazione di circa mezzo milione di abitanti, l’area metropolitana di Reggio Calabria è risultata essere ultima in classifica generale ma più attenta alla sostenibilità (48%) che al digitale (40%). Questo dato è in linea con quanto indicato sopra in relazione alla mancanza di infrastrutture e servizi digitali che, se ci fossero, porrebbero Reggio Calabria fra le prime città italiane per sensibilità verso la sostenibilità digitale. Come per Bologna, a Reggio Calabria sono le donne di tutte le età e con un alto titolo di studio a dichiararsi più sensibili ai temi dell’ambiente, del benessere delle persone e del modello economico di sviluppo, gli stessi temi (e nello stesso ordine) in cima alle sensibilità degli abitanti di tutte le città metropolitane del nostro Paese.

È interessante notare come, se si analizzano invece i dati in relazione alla disponibilità di infrastrutture nelle differenti aree del paese e all’uso consapevole della tecnologia in un’ottica di sostenibilità, la popolazione digitale delle città metropolitane più svantaggiate infrastrutturalmente, è anche quella più attenta alla sostenibilità.” – spiega Epifani. Ne sono un esempio Catania, così come Bari, Messina, Cagliari, Napoli, ed altre in cui il coefficiente di sostenibili digitali nella popolazione che giù utilizza il digitale in modo consapevole e sostenibile è decisamente più alto della media nazionale. Qui, alle competenze digitali devono necessariamente affiancarsi comportamenti sostenibili nonché la consapevolezza di ciò che è sostenibile e di ciò che non lo è. Serve quindi un importante Piano Nazionale di Formazione al Digitale” – afferma Epifani.

PNRR e sviluppo digitale: la sostenibilità al centro

Emerge, dalla ricerca DiSITM City, che tra i sostenibili digitali, è proprio la sostenibilità ad essere leva di conoscenza del PNRR.

“Il 64% dei sostenibili digitali e il 74% dei sostenibili analogici conoscono bene il PNRR. Questo a differenza degli insostenibili analogici, che per il 25% non conoscono affatto il PNRR e degli insostenibili digitali che per il 30% non lo conoscono affatto. La correlazione tra i due elementi è forte ed evidenzia che l’elemento discriminante tra le due cose è proprio la sostenibilità. Guardando a ciò che sta avvenendo a livello politico nazionale, direi che se si vuole creare consenso attorno al PNRR, la politica italiana deve necessariamente lavorare sui temi della sostenibilità” – conclude Epifani.

Rischio tecnologico, cambiamento climatico, cultura digitale, diseguaglianze e livelli occupazionali: gli altri dati della ricerca

Il DiSITM City, nell’evidenziare le relazioni tra digitale e sostenibilità, fornisce informazioni significative su come viene vissuto il digitale rispetto a questioni come il lavoro, l’ambiente, le disuguaglianze, la cultura digitale. I dati raccolti ci raccontano di un’Italia metropolitana in cui:

  • Solo un cittadino su tre (il 36% del totale) è in grado di comprendere la correlazione tra le visioni “ideologiche” e le loro conseguenze concrete. In altri termini la maggior parte delle persone non è in grado di correlare le convinzioni sulle priorità (ambientali, economiche, sociali) con le scelte strategiche ed i comportamenti che dovrebbero derivare dalle priorità.
  • Il 63% dei cittadini dichiara che la tecnologia è “una opportunità per tutti con qualche rischio”. Significativo che a vedere nella tecnologia “prevalentemente un rischio” siano i più giovani nella fascia d’età 16-18 anni ed i più anziani, nella fascia oltre i 54 anni.
  • L’inquinamento ed il cambiamento climatico sono temi prioritari per il 70% degli abitanti delle città metropolitane, con le donne più sensibili degli uomini. E sono proprio i più giovani, nella fascia 16-17 anni ad essere meno preoccupati (55% del totale, contro una media del 70% rilevata su tutte le altre fasce anagrafiche).
  • Il 61% dei cittadini italiani pensa che la tecnologia produca diseguaglianze, perdita di posti di lavoro ed ingiustizia sociale. Gli uomini più spaventati delle donne (molto d’accordo il 14% degli uomini contro il 10% delle donne), e ben il 49% è abbastanza d’accordo con l’affermazione.
  • Il 90% dei cittadini dichiara di volerne sapere di più sulla sostenibilità con significativi scostamenti rispetto al loro livello di consapevolezza.

Per richiedere informazioni di approfondimento sulla ricerca DiSITM City, vi preghiamo inviare una mail all’indirizzo laura@primapagina.it

L’elenco dei Partner e delle Università che attualmente fanno parte della Fondazione può essere consultato al seguente link

Per ulteriori informazioni o approfondimenti, visitare il sito: www.sostenibilitadigitale.it

Digital Sustainability IndexTM (DiSI):

Il DiSITM, nei suoi risultati di sintesi e nell’analisi dei componenti di dettaglio, è uno strumento utile alle Amministrazioni ed alle organizzazioni per comprendere su quali leve agire per supportare i cittadini nel percorso di comprensione del ruolo della sostenibilità digitale e dei suoi vantaggi. Esso consente infatti di capire se si debba agire sulla consapevolezza digitale e sulla leva della conoscenza delle tecnologie, se si debba invece operare per promuovere i principi culturali della sostenibilità o stimolare comportamenti sostenibili, oppure se sia necessario far capire meglio come e perché utilizzare la tecnologia specificatamente come leva per lo sviluppo sostenibile.

Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un indice che misura il livello di consapevolezza dell’utente nell’uso delle tecnologie digitali quali strumenti di sostenibilità. Serve cioè per misurare le correlazioni tra tre elementi dell’individuo: il livello di digitalizzazione, inteso come rapporto tra la propria competenza percepita e quella desumibile da fattori oggettivi; il livello di sostenibilità, inteso come il rapporto tra consapevolezza sul tema nelle sue dimensioni ambientale, economica e sociale ed i conseguenti atteggiamenti e comportamenti; il livello di sostenibilità digitale, inteso come la propensione dell’individuo ad utilizzare consapevolmente le tecnologie digitali come strumenti a supporto della sostenibilità.

Nella costruzione dell’indice si sono considerati quattro profili di popolazione caratterizzati da specifiche attitudini verso il digitale e verso la sostenibilità, che danno luogo a quattro quadranti:

  • Sostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ed usano gli strumenti digitali;
  • Sostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti orientati alla sostenibilità ma non usano gli strumenti digitali;
  • Insostenibili digitali: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, ma usano strumento digitali;
  • Insostenibili analogici: ossia coloro i quali hanno atteggiamento e comportamenti non orientati alla sostenibilità, né usano strumento digitali.

Digital Sustainability IndexTM (DiSI) è un marchio registrato della Fondazione per la Sostenibilità Digitale.

Informazioni su Fondazione per la Sostenibilità Digitale:

La Fondazione per la Sostenibilità Digitale è la prima Fondazione di Ricerca in Italia che analizza le correlazioni tra trasformazione digitale e sostenibilità con l’obiettivo di supportare istituzioni e imprese nella costruzione di un futuro migliore. La sua mission è quella di studiare le dinamiche indotte dalla trasformazione digitale, con particolare riferimento agli impatti sulla sostenibilità ambientale, culturale, sociale ed economica. In quest’ottica la Fondazione sviluppa attività di ricerca, fornisce letture ed interpretazioni della trasformazione digitale, offre indicazioni operative per gli attori coinvolti, intercetta i trend del cambiamento e ne analizza gli impatti rispetto allo sviluppo sostenibile. La Fondazione agisce attraverso una struttura costituita da esperti indipendenti, istituzioni, imprese e università.

Ai soci e partner della Fondazione si affianca la Rete delle Università che costituisce il sistema di competenze al quale fa riferimento la Fondazione per lo sviluppo dei suoi progetti e che rappresenta un esempio virtuoso di collaborazione tra istituzioni ed aziende nello sviluppo di progetti e di attività dedicati alla sostenibilità digitale. Tra le Università che fanno parte della Rete, l’Università Sapienza di Roma, l’Università di Pavia, l’Università Ca’ Foscari di Venezia, l’Università degli Studi di Cagliari, l’Università degli Studi di Palermo, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Trieste, l’Università di Perugia, l’Università di Siena, l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, l’Università degli Studi di Torino, l’Istituto di Studi Politici “S. Pio V”, l’Università degli Studi di Sassari