Venerdì 24 novembre si è svolta nella sede di di via Salaria de ‘La Sapienza’ la presentazione del libro di Paolo Brogi “Ce n’est qu’un début… Storie di un mondo in rivolta”.
Si torna a discutere degli avvenimenti del Sessantotto, che videro protagonisti milioni di giovani in tutto il mondo. Tra rivolte e manifestazioni i ragazzi si batterono per dei cambiamenti radicali nella società borghese dell’epoca.
“Un libro non ideologico che non vuole spiegare il ’68, vuole raccontare il ’68 tramite esperienze familiari e politiche”, afferma il professore Enrico Pugliese, organizzatore della conferenza.
L’autore esprime la necessità di un racconto obbiettivo, su fatti che oggigiorno sono fraintesi. Non si guarda più alle idee di riforma che vi erano ma ai feriti ed alle conseguenze di azioni, purtroppo poco comprese, in una società troppo chiusa per poterle evitare.
Molti sono gli interventi durante l’evento. Si inizia con la lettura di un estratto del libro da parte di Alessandra Mazzi e si continua con le testimonianze di Franco Russo, Roberto Faenza, Paolo Ramundo, Corradino Mineo, Susanna Margotti. Durante la lettura non si può che notare la lista dei licei e degli istituti che hanno preso parte alle manifestazioni ed alle occupazioni studentesche di quell’anno, come il liceo Parini di Milano ed il liceo Mamiani di Roma.
“Le ragazze dovevano entrare in orari differenti da noi ragazzi, per paura che nel tragitto alle aule si potesse intravedere qualche coscia da sotto le divise femminili”, racconta un professore del liceo Mamiani. Le donne si iniziano a ribellare, con il massimo sostegno maschile, e si iniziano ad affrontare tematiche che prima di allora erano “tabù”, come la sessualità e l’emancipazione femminile.
Corradino Mineo sostiene che oggi non vengano ben esposti i fatti, siamo circondati da notizie false: “Il ’68 non è l’anno del terrorismo, ma la chiusura dell’epoca delle speranze dovute alla ripresa sociale dopo la guerra”.
E’ un anno di fatti concreti, che vedono protagonisti così come svariati Stati, non solo europei ma anche di oltre Oceano, i media ed il cinema. Questo lo racconta Roberto Faenza, affermando: “Sono scappato dall’Italia nel ’68 a causa della mala interpretazione del film Escalation, da me voluto come film antiborghese ma da altri visto come racconto borghese. Tuttavia sono rimasto attivo nel movimento in tutto e per tutto”.
Oggi, secondo il regista, i ragazzi sono distaccati dalle generazioni a loro precedenti. Non vogliono avere a che fare con il mondo degli adulti e per questo non riescono ad apprendere i racconti di questi ultimi. Tutti sostengono che forse ci sia un errore in partenza e che le notizie trasmesse siano state mal riportate da loro stessi.
In conclusione lo scrittore Franco Russo dà una definizione personale al 1968: “L’anima di questo anno, per chi lo ha vissuto, è stata la scoperta del poter parlare partendo dal Sé”.
Sabina Marchetti