Attraverso gli occhi della filosofia teoretica, Giovedì, 20 marzo 2025, presso Villa Mirafiori, storica sede del Dipartimento di Filosofia, è stato ospitato il terzo appuntamento del seminario permanente Voci filosofiche sul fascismo. L’incontro, intitolato “La nuova destra e le pulizie etniche”, ha visto la partecipazione di Donatella Di Cesare, professoressa di filosofia teoretica presso La Sapienza.
Lo studio dei fascismi richiede competenze multidisciplinari per via del coinvolgimento di diversi settori della conoscenza umana che sono strettamente interconnessi tra loro. Nello specifico, però, la filosofia teoretica svolge l’importante compito di formulare concetti e categorie che devono rispondere al contesto attuale.
Negli ultimi tempi, la pandemia e le recenti guerre hanno contribuito a tracciare l’inizio di un’epoca segnata dall’affermazione di una nuova forma di totalitarismo, che, in parte, è frutto dell’intesa normalizzazione dell’ultradestra. Un esempio lampante che concretizza questo andamento e che delinea i contorni del nostro presente può essere rappresentato dalla vittoria di Donald Trump alle presidenziali americane.
«Mi sono posta il problema – afferma la professoressa Di Cesare- non tanto del totalitarismo del passato, ma del problema attuale dell’erosione della democrazia, del pericolo di una chiusura della democrazia. Guardando al passato, è possibile constatare che il totalitarismo non è un colpo di stato, non è un evento esterno ma è una patologia della democrazia».
Riflettendo su temi di questa portata è possibile riscontrare, come sottolineato dalla stessa filosofa, un problema che riguarda l’assenza di termini e di concetti adatti per riferirsi ai nuovi fenomeni, di conseguenza, risulta difficoltoso analizzare la crisi contemporanea della democrazia.
Secondo l’osservazione avanzata dalla professoressa Di Cesare, alla base della disgregazione del “governo del popolo” è possibile individuare due tendenze: la tecnocrazia e l’etnocrazia. La prima, fondata su un meccanismo tecno-economico, si caratterizza per la presenza dei tecnici alla guida del governo. In particolare, la forza della nuova tecnocrazia risiede nelle reti transazionali, cioè nel superamento della divisione dei singoli paesi, che hanno portato alla delocalizzazione del potere. In questo senso, è quasi immediato pensare a Elon Musk come simbolo di una delle reti transazionali e, quindi, del potere. La seconda si riferisce alla gestione neo-totalitaria dei popoli che sono intesi come comunità chiuse che si ergono su criteri di nascita e discendenza. Nonostante la tecnocrazia e l’etnocrazia siano differenti, in realtà, presentano degli elementi in comune che li portano a convergere verso la medesima direzione.
Un popolo senza potere rappresenta il declino della democrazia e la salita del totalitarismo. In un periodo incerto e confuso come quello corrente, sono innumerevoli gli interrogativi che fagocitano le nostre menti, uno fra tutti: Che fine farà la democrazia?
Articolo di Elisa Caruso