Nell’ambito della Settimana della Sociologia, continuano presso il Coris in Via Salaria, 113 gli interessantissimi dibattiti di personalità di spicco, riguardanti le trasformazioni sociali in atto nella realtà contemporanea.
Il pomeriggio mercoledì 18 ottobre è stato dedicato in particolar modo alla questione dei migranti, ormai parte integrante della vita quotidiana degli italiani, a partire dal bombardamento non sempre obiettivo che i media mettono in atto nei loro confronti.
Di questo è stato discusso nel secondo panel presso il Centro Congressi, affidando la parola a Giovanna Gianturco, responsabile Unità di Ricerca “Archivio dell’Immigrazione” e a Francesca Colella che hanno svolto un interessantissimo lavoro di ricerca sul ruolo della donna immigrata, molto spesso messa in secondo piano; è poi entrato nel dibattito il professor Marco Bruno, soffermatosi invece sull’importanza della dimensione simbolica e di quella comunicativa nell’approccio con un mondo diverso da noi e che spesso spaventa.
A discutere con loro, Corrado Bonifazi, direttore dell’Istituto di Ricerche sulla Popolazione e Tiziana Grassi, giornalista e referente dell’Istituto Nazionale Salute Migrazioni e Povertà (INMP)
Il dibattito è stato aperto dalla professoressa Colella che si è soffermata a descrivere la figura della donna immigrata; l’aspetto fondamentale più volte sottolineato è la mancata dovuta attenzione a questa figura, molto impegnata nelle azioni dei movimenti sociali e spesso capace di assumere posizioni di leadership.
La donna, contrariamente a quanto spesso si reputa, rappresenta per gli studi di sociologia qualcosa di estremamente delicato da approcciare.
L’opinione comune si limita spesso a considerare come migrante solo l’uomo, lasciando la donna in secondo piano e questo punto di vista, oltre ad essere in qualche modo lo specchio di ciò che anche le stesse donne italiane hanno vissuto per molto tempo, fa sì che si resti ancor più sbalorditi nel vedere come invece quelle donne combattano tenacemente per quello che è il loro bene primario: una casa, un alloggio in cui poter stanziare la propria famiglia.
Attraverso 30 interviste si è potuto mettere a punto un quadro ben strutturato: naturalmente non tutte le donne ricoprono i ruoli sopracitati, ma sicuramente la maggior parte di loro non resta a guardare.
Il professor Marco Bruno, intervenuto in qualità di esperto di sociologia della comunicazione, ha infine insistito sul ruolo molto spesso deviante che il simbolo e il linguaggio possono assumere, parlando di un argomento così delicato come quello dei migranti.
La città di Roma anche in questo caso rappresenta una sorta di “laboratorio sociologico” della comunicazione, grazie al suo volto estremamente multiculturale. Importante in questo caso il ruolo dei media, che si trovano ad avere una grande responsabilità di diffusione di idee.
A chiudere il convegno, le parole di Corrado Bonifazi e Tiziana Grassi, soprattutto in merito all’importanza di dare voce a questi uomini e a queste donne, attraverso quella che viene definita una “medicina narrativa”.
Ludovica Mora