Ieri, lunedì 29 maggio, presso il Museo Laboratorio di Arte Contemporanea, si è tenuta la giornata di studi dal titolo: “La street art a Roma: riflessioni e prospettive”.
L’evento è stato organizzato da Simona Pandolfi e Ilaria Schiaffini, con la collaborazione dell’open magazine Roma Italia Lab e grazie al prezioso aiuto di studenti e studentesse più volte ringraziati nel corso del pomeriggio.
Lo scopo dell’incontro è stato quello di focalizzarsi e riflettere su alcune delle più importanti esperienze di Street art nella capitale, che sta diventando pian piano un vero e proprio museo a cielo aperto.
Le quattro ore di tavola rotonda hanno visto alternarsi figure molto diverse tra loro, istituzionali ed extra-istituzionali: giornalisti, critici d’arte, antropologi, ma anche sovrintendenti pubblici. Infine è stata “imbandita” una vera e propria tavola rotonda, i cui protagonisti sono stati proprio gli artisti: Atoche, Gojo, Jerico, Lucamaleonte.
Passare in rassegna ogni intervento dettagliatamente sarebbe interessante, ma forse troppo lungo; molto più utile è sottolineare quello che è stato un po’ il filo conduttore del discorso ovvero quale sia il rapporto di queste opere con l’arte che possiamo chiamare “museale”, come ci si debba approciare alla conservazione e al restauro delle stesse e soprattutto se sia necessario farlo.
Sono stati aperti molti interrogativi a cui neanche i relatori, spesso, sanno dare delle risposte. La street art è una realtà che può essere considerata, come ha detto più volte la critica e curatrice d’arte Fabiola Naldi, una delle ultime avanguardie del Novecento, poiché è stata ed è tutt’oggi inarrestabile, impossibile da contenere.
Nel corso degli anni ha subito profonde trasformazioni, si è passati dall’ebrezza nel ricercare un muro illegale in cui realizzare il proprio murales, a lavori su committenza all’interno di progetti anche molto diversi tra loro, uno tra tutti quello di rigenerazione urbana.
Una delle cause principali dello sviluppo della street art è sicuramente il cambiamento del soggetto rappresentato: nel momento in cui l’osservatore non ha più visto solo scritte (writing) ma anche immagini che volevano comunicare qualcosa, questo tipo di arte ha iniziato ad allettare il pubblico e ad entrare anche nelle case dei committenti.
Molti dei partecipanti al convegno si sono soffermati su due aspetti in particolare: da un lato sul fatto che sia controproducente ridurre la street art ad un museo all’interno di un edificio, quando invece vi è la possibilità di passeggiare per le vie di una città, che sia Roma o Bologna, o Brindisi, e ammirare le opere d’arte; dall’altro sulla tendenza negativa che si sta sempre più diffondendo nel considerare questo tipo di espressione artistica solo legato a zone periferiche di una città.
Per concludere, è interessante soffermarsi sull’esperienza del quartiere Quadraro di Roma, in cui è stato avviato un progetto denominato M.u.Ro., acronimo che sta per Museo Urbano di Roma. Ogni quartiere ha una storia da raccontare e questa associazione, di cui ha parlato il giovane Giorgio Silvestrelli che è anche responsabile, sta tentando di comunicare attraverso le immagini dei murales con gli abitanti di quel quartiere, trasformandolo in un vero e proprio museo e cielo aperto (per chi volesse saperne di più, ecco il link).
Ludovica Mora