Dal 31 ottobre al 5 novembre andrà in scena lo spettacolo “La Divina Commedia” con Giobbe Covatta presso il Teatro Vittoria in Roma (produzione Papero s.r.l. e Mismaonda).
Sono molteplici le versioni di uno dei capolavori letterari nostrani più amati nel mondo e proprio per questo motivo, la messa in scena de La Divina Commedia sarà, in questo spettacolo, differente ed estremamente attuale. Infatti, Covatta ha deciso di proporre al centro del racconto teatrale: gli innocenti, ovvero i bambini che di tutte le angherie e di tutte le sofferenze sono vittime inconsapevoli. Nella rappresentazione, l’Inferno dantesco sarà il luogo perfetto dove far vivere i bambini mentre coloro che hanno commesso i peccati e le conseguenti malvagità resteranno impuniti.
Si tratta di una personale reinterpretazione di Covatta che ha trovato, di recente, un manoscritto “apocrifo” su La Divina Commedia. Esso, appartenente ad un tale Ciro Alighieri, varrebbe come la traduzione napoletana del capolavoro realizzato dal capostipite del Dolce Stil Novo, nel 1304. Il poema allegorico-didascalico, quindi, troverebbe le sue origini nel dialetto campano ma soprattutto ciò che rende questa versione, accattivante e riflessiva al tempo stesso, è la capacità di mescolare temi alti e bassi con semplicità in modo da rendersi comprensibile ad un pubblico senza etichette e trasversale.
Riservare attenzione verso il mondo dell’infanzia, anche attraverso lo scherno e il sarcasmo, rende il proprio intervento più incisivo. E, forse, il teatro con la sua atmosfera magica e la sua irripetibilità è il mezzo comunicativo più adatto e affascinante per fermarsi un attimo e pensare che ogni gesto, ogni azione fisica o mentale riserva delle conseguenze positive e negative.
“S’intende per fanciullo ogni essere umano avente un’età inferiore a diciotto anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile”.
(Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo,1959)
Alessandra De Vincenzo