Il 31 gennaio presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza si è tenuto un seminario sui testi, le poesie e i componimenti riguardanti il tema della povertà dal titolo “Ella è chiamata monna Povertade“. L’iniziativa, finanziata dalla Sapienza e diretta da Marco Grimaldi e Claudio Giunta, si inserisce all’interno del progetto di Ateneo “Per una Biblioteca digitale dei poeti minori delle Origini: studio, censimento ed edizione” il quale, come da titolo, è volto alla valorizzazione e alla preservazione di testi di autori minori, minimi e talvolta anonimi del medioevo.
Ad aprire l’evento vi è stato l’intervento del professor Grimaldi che ha introdotto il dibattito intorno al tema principale della giornata, quello della povertà, sottolineando come esso sia affrontato da un punto di vista letterario e da un punto di vista storico. Successivamente Stefano Asperti, docente presso il dipartimento di Lettere e Filosofia, ha sottolineato la natura del corpus testi preso in analisi il quale comprende componimenti in volgare dimenticati o poco noti.
Tra i principali ospiti della giornata sarebbe dovuto esserci il professor Alfonso Marini, il quale però a causa di un infortunio non è potuto essere presente. Nonostante questo ha lasciato una relazione che è stata letta dal professor Grimaldi. In essa viene evidenziato il passaggio che, negli anni tra il XIII e il XV secolo, ha dato vita a forti contrasti ideologici tra i monaci mendicanti e il papato. Infatti proprio nel 1200 sul modello di San Cassiano e di San Francesco incominciano a nascere i primi ordini di frati che si pongono l’obiettivo di riabbracciare una vita di povertà e rinuncia dei beni personali; il modello non è più quello della Chiesa apostolica, ma quello di Gesù che visse in completa povertà. Tra i fautori della povertà si ricordano Tommaso d’Acquino e Michele da Cesena che sostenevano l’idea di una Chiesa povera e priva di potere. Dall’altro lato tra i detrattori della povertà Papa Giovanni XXII dichiara eretici questi ordini poichè anche Gesù possedeva dei loculi (delle borse di denari) dunque non visse in completa povertà. Questi ordini sopravvissero per tutto il 1300 e il 1400.
Tra gli altri ospiti della giornata vi sono i due giovani dottorandi Davide Pettinari e Violetta Torregiani. Pettinari ha esposto la sua tesi di laurea magistrali “Rime trecentesche sulla povertà: il corpus” all’interno della quale non si è occupato tanto di scoprire componimenti di autori minori quanto di comprenderne la portata. Da essi emerge che nei vari testi dei fautori della povertà non vi era quasi mai un intento anticlericale anzi i vari ordini si riconoscono sempre nella Chiesa e che nei testi dei detrattori come nel “Molti son que’ che lodan povertate” attribuito a Giotto di Bondone vi è una chiara distinzione tra la povertà volontaria dei mendicanti e la povertà involontaria molto diffusa tra la popolazione, invitando a non soffermarsi ad una prima lettura dei testi sacri. Violetta Torregiani invece presenta “Poesia e religione in un manoscritto orvietano del XV secolo” dove viene studiato un manoscritto unico nel suo genere, nel quale i componimenti sono conservati per argomento e per la loro validità morale e che comprende oltre a testi di Dante, Petrarca e Iacopone da Todi anche altri testi di autori minori.