È passato più di un anno da quando fu stipulato l’accordo di Doha, tramite il quale venne ufficialmente dichiarata la pace tra la fazione afghana dei Talebani e gli Stati Uniti d’America, durante la presidenza di Donald Trump. Con l’accordo le truppe statunitensi si impegnavano a lasciare il paese entro quattordici mesi dalla sua messa in atto, in cambio i talebani dovevano accettare tre condizioni: dichiarare il cessate il fuoco – mettendo fine agli attacchi contro le forze del governo afghano a Kabul –; fermare i terroristi – impedendo possibili attacchi all’estero – e istaurare un dialogo con il governo di Ghani a Kabul.
Dopo l’ufficiale ritiro delle truppe americane, l’accordo però si trasformò in un sogno utopico: fin da subito, i gruppi estremisti dei Talebani cominciarono la loro marcia di riconquista verso tutte le città della Nazione. Le forze militari afghane – seppur addestrate e ben equipaggiate dagli Occidentali –, non riuscendo a contrastare le guerriglie violente, lentamente lasciarono prendere il presidio del Paese ai nemici.
Così, soltanto dopo pochi mesi, l’Afghanistan si trasformò in uno scenario sanguinario di atrocità. Il paese devastato dalle guerriglie era nel caos: gli sfollati cominciarono ad aumentare e Kabul sembrava essere l’unico luogo sicuro, simbolo del governo afghano. Questo fino al 15 agosto 2021 quando – dopo caduta della città sotto l’assedio dei talebani e la fuga del presidente afghano Ashraf Ghani – viene ufficialmente costituito l’Emirato islamico.
Le conquiste delle donne afghane degli ultimi 20 anni
Con l’ufficiale presa di potere dei talebani, l’incolumità delle donne e delle bambine afghane è in serio pericolo. Anche i diritti e le conquiste degli ultimi vent’anni rischiano di essere spazzati in pochi giorni.
Da vent’anni – dopo la sconfitta dei talebani di Al-Quaeda e l’uccisione di Osama Bin Laden – le donne afghane lottano a gran voce per i loro diritti, combattendo per mettere fine alle violenze e ai soprusi dei quali per anni sono state vittime. In vent’anni le donne afghane sono riuscite ad avere una voce e un volto, raggiungendo la libertà di poter essere ed esistere: le donne ormai da anni possono lavorare, studiare e avere un ruolo effettivo nella vita pubblica.
Seppur i talebani, dopo la loro salita al governo, abbiamo garantito l’attuazione di un governo più aperto e inclusivo, le donne afghane hanno paura che anni di lotte vengano dimenticate. Così, un gruppo di attiviste – mentre i talebani giocavano al gioco della poltrona – dinanzi al governo gridarono a gran voce per i loro diritti.
Oltre a loro, molteplici sono gli appelli sui social diventati virali. Come il video di una giovane ragazza intervistata dalla giornalista Masih Alinejad in cui si può percepire il terrore e la paura delle donne come lei, costrette a nascondersi. Molte donne forti «ora saranno obbligate a inchinarsi alla sharia» perché «nessuno si preoccupa per noi. Non contiamo nulla, solo perché siamo dell’Afghanistan».
Nessuno ha il diritto di essere dimenticato. La memoria e il ricordo è l’unica cosa che permane nel tempo. Proprio per questo, i giovani di The Economy of Francesco nella giornata del 28 agosto hanno deciso di organizzare una marcia globale a sostegno delle donne afghane, dallo slogan «TOGHER WE STAND!».
Il blu diventa il simbolo della campagna, poiché ispirato al colore del burqa afghano, ma da emblema liberticida diventa portatore di speranza. I messaggi urlati in tutte le città italiane – che hanno aderito all’iniziativa per voler dare un focus sul mondo arabo – sono #AfghanistanIscalling e #AfghanistanWomenExist.
Rimanere in silenzio non deve essere più una possibilità. È fondamentale che i governi internazionali cooperino tra di loro per impedire che anni di lotte finiscano nel dimenticatoio. Non possiamo rimanere inermi dinanzi a queste atrocità. Le misure pratiche sono importanti, ma altrettanto importanti sono le iniziative culturali, gli incentivi economici e politici che possano dare nel concreto una svolta e un aiuto solidale.