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Tra Arte e Architettura : inaugurazione della mostra “Disegni. Tra Progetto e Astrazione”

Esiste uno spazio comune in cui arte e architettura, tra loro in opposizione e complementarietà, possano convivere ? 

Questo spazio esiste, ed è quello dei quadri di Lucio Altarelli, in mostra presso la galleria espositiva della Facoltà di Architettura della Sapienza fino al 15 febbraio 2024.

Nella giornata di ieri 15 gennaio 2024, alle ore 18.00, presso la sede di via Gramsci della Facoltà di Architettura, si è tenuta l’inaugurazione della mostra intitolata “Disegni. Tra Progetto e Astrazione” di Lucio Altarelli. 

Lucio Altarelli è stato professore ordinario di Composizione Architettonica e Architettura degli Interni e Allestimento nella suddetta Facoltà fino al 2015 e, come architetto, ha contribuito alla realizzazione di numerosi progetti architettonici urbani di Roma come il Ponte della Scienza sul Tevere, la Riqualificazione del Borghetto Flaminio e molti altri. 

La mostra si sviluppa in 14 tele, tutte accompagnate dalla pianta architettonica a cui fanno riferimento, e riparte proprio da alcuni dei progetti passati dell’architetto per offrirne una rilettura in chiave estetica, ponendo così al centro i temi del rapporto ambiguo tra arte e architettura e, quello della dialettica tra progettualità e astrazione insito nella disciplina architettonica.

Il titolo va ad indagare proprio le due facce della stessa medaglia , il Progetto e l’Astrazione, che compongono la natura stessa dell’Architettura. 

La cura della mostra è stata affidata a Marco Falsetti che ai microfoni di RadioSapienza, ben spiega in cosa è consistita e cosa ha voluto trasmettere: 

“È una mostra su un numero selezionato di opere del professore Altarelli dalle quali si evince un rapporto molto stretto tra arte e architettura. Quindi, lo sforzo più interessante e più vivido di questa mia curatela è stato quello di interpretare e di recuperare, enfatizzadolo, il rapporto tra arte e architettura. È un rapporto che in questi anni si è un po’ perso visto che l’architettura è diventata essa stessa una forma d’arte, cioè lo è chiaramente, però anche il rapporto con l’immagine non ha più quella mediazione, che è quella che cerchiamo di recuperare in questa mostra anche con elaborati bidimensionali come la pianta e le trasposizioni planimetriche. Oggi, sono anni concentrati su immagini processate a grandi velocità , quindi anche un’esperienza di recupero con la pianta e di ripresa di valori e disegni bidimensionali, secondo noi, può rappresentare una sfida interessante e quindi anche un valore in più da presentare in mostra.”

Ad aprire ed introdurre, Orazio Carpenzano, Preside della Facoltà di Architettura  che, con un discorso appassionato , ha omaggiato la persona di Altarelli come figura istituzionale e professionale e, ha sottolineato l’importanza didattica e il senso di ospitare questi lavori proprio all’interno della sua facoltà. A parer suo, quello di Altarelli è un lavoro didattico che ben porta a compimento il compito che tutte le mostre dovrebbero avere, ovvero stimolare i ragazzi a interrogare cosa sia un un disegno di architettura e i due mondi in cui si affaccia : quello della costruttività  e quello dell’invenzione.

A seguire, l’intervento di Antonella Greco, professoressa di storia dell’architettura contemporanea alla Sapienza , che si domandata se Altarelli possa essere considerato un artista. La definizione che lei ha dato in conclusione è quella di un architetto-artista, in quanto in grado di far affiorare degli elementi che hanno una valenza estetica, ma che hanno riferimento tecnico preciso. 

Ancora, Carmelo Baglivo, architetto co-fondatore dell’apprezzato IaN+ studio di architettura, ha condiviso le suggestioni che le tele dell’autore gli avevano riportato alla mente e ha attenzionato la scelta di utilizzare colori vividi, grafici e moderni.

Uno spazio tutto per sé”: tra progetto e astrazione 

A conclusione, l’intervento dell’autore, che ha spiegato come lui consideri i suoi progetti un “apparato radicale” e le sue tele la “parte arborea” di questo. Ecco che la sua operazione è consistita nel trasferire la logicità propria del tavolo da disegno in opere figurative che, pur provenendo dai suoi progetti , rivendicano una propria autonomia estetica. Inoltre, ha voluto precisare le tre esigenze che lo hanno spinto a cimentarsi nell’arte e a mettere in piedi, non una struttura architettonica ma un’esposizione artistica. 

Prima fra tutte, la necessità di ricavarsi uno spazio tutto per sé, libero dai condizionamenti e dalla razionalità della progettazione e , di tagliare quello che lui stesso ha definito “cordone ombelicale” che lega il prima e il dopo del progetto.

A RadioSapienza infatti dice: “I progetti di architettura sono sempre una disciplina molto rigorosa. Rigorosa perché riguarda la committenza, la società, il luogo, il costo […] E siccome questo è un elemento che ci contraddistingue , molti architetti, soprattutto romani , tra cui me, hanno questa vocazione e sensibilità verso l’accompagnare il progetto tradizionale con questi disegni di invenzione , perché sono un momento di rivendicazione di libertà . Questa libertà però non è la libertà che ha l’artista. Cioè l’artista è libero, i suoi riferimenti sono i linguaggi degli altri artisti, le correnti, la storia. Nel caso dell’architetto è il nostro DNA che ha il senso della misura, dei tracciati, del palinsesto.” 

In secondo luogo, per lui è stato necessario chiarire la sua concezione del rapporto arte-architettura, ovvero la sua intenzione di far vedere qual è il suo linguaggio di architetto e non di essere definito artista. 

E infine, come terzo punto, ha voluto spiegare come i suoi lavori siano la metafora di una pianta , per lui incipit di ogni progetto.

Dunque, Sapienza con questa mostra ad ingresso libero offre a tutt*, esperti e non, la possibilità di esplorare il mondo controverso dell’arte e dell’ architettura, lasciandosi trasportare ora dalla razionalità, ora dall’immaginazione.