Le serie tv sono ormai entrate a far parte nella vita di tutti, e ci accompagnano in ogni momento libero della giornata: durante i pasti, dopo cena, o anche di notte: ogni momento è buono per rimanere attaccati allo schermo del proprio pc e caricare una puntata dopo l’altra. Dopo Breaking Bad, True Detective, Games of Thrones, Black Mirror, Narcos e tante altre, ora la più chiacchierata è Tredici, o, in originale, 13 Reasons Why.
13 Reasons Why è tratta dal romanzo Thirteen Reasons Why di Jay Asher e ripercorre il suicidio dell’adolescente Hannah Baker, interpretata dall’attrice australiana Katherine Langford, attraverso sette cassette che la ragazza ha deciso di lasciare per spiegare i tredici motivi che l’hanno spinta a togliersi la vita.
Acclamata come la serie tv del momento, tocca temi come il suicidio, lo stupro, l’isolamento sociale, la depressione. La serie è rappresentata con uno storytelling semplice e accattivante, e sta diventando un vero tormentone, non solo per l’intrattenimento – dato dalle vicende nelle quali la protagonista si trova coinvolta – ma anche per fare luce su queste tematiche molto importanti.
Questa serie ha scatenato però reazioni contrastanti. Da una parte, è stato detto che la visione di determinate situazioni direttamente sullo schermo è utile ed educativo soprattutto per gli adolescenti: infatti, in un misto tra presente e flashback, guidati dalla voce narrante di Hannah, scopriamo quanto tanti piccoli (o quasi, in alcuni casi) torti possano far sentire un ragazzo o una ragazza tremendamente soli, inadeguati, inutili, a tal punto da pensare di farla finita. Dall’altro lato, c’è anche chi sostiene che il racconto in prima persona di Hannah e il modo di impersonificarsi nel personaggio, possano portare ad una sorta di voglia di imitazione, e quindi al suicidio stesso. Ad esempio, Headspace, un’associazione australiana di salute mentale e un membro del cast dello show televisivo Stranger Things, Shannon Purser (Barb), hanno espresso le loro preoccupazioni sui delicati temi trattati dalla serie tv: l’associazione ha pubblicato un avvertimento sulla serie, riferendosi a essa come un “contenuto pericoloso”, e ha inoltre dichiarato di aver avuto un allarmante aumento di chiamate e di email a causa del programma: scuole e genitori sarebbero preoccupati dell’impatto della serie sui giovani.
“Il suicidio non deve essere trattato come tutte le altre morti, né semplificato implicando il bullismo come causa principale” afferma la responsabile dell’associazione, perché “l’impatto reale e l’esposizione al suicidio potrebbe accrescere il rischio di un possibile contagio suicida”.
Certamente i temi trattati non vanno presi alla leggera e nemmeno va sottovalutato il rischio di un’eventuale reazione contraria a quella aspettata tra il pubblico, ma l’atteggiamento più erroneo nei confronti di un problema esistente sono sicuramente il silenzio e l’omertà, quindi – cercando il modo giusto – è necessario parlarne, senza romanzare, senza alleggerire, ma solo raccontando quello che è la realtà.