Siamo abituati a pensare che un pensiero filosofico si celi solo dietro al grande nome del filosofo a cui viene associato. Si parla di Platone, di Cartesio, di Hegel al singolare, come pensatori “solitari”; in realtà non è sempre così.
Maxime Rovere, filosofo e ricercatore, lo ha spiegato molto bene il 10 Gennaio durante l’incontro “Il problema di Dio nella discussione di Spinoza e i suoi amici: un’elaborazione collettiva”.
Il professor Rovere ha recentemente pubblicato in Italia il libro “Tutte le vite di Spinoza”, scritto a più mani grazie alla collaborazione di molti specialisti e studiosi.
Il fulcro del libro e della ricerca di Rovere è lo studio e l’approfondimento del pensiero di alcuni importanti filosofi che, facendo parte della cerchia di amici di Spinoza, o semplicemente avendo formulato un pensiero con cui il filosofo danese è entrato in contatto, hanno contribuito e collaborato a creare l’impalcatura della sua filosofia.
Maxime Rovere spiega come spesso vi sia una resistenza, nella nostra cultura, nel riuscire ad inserire un autore di grande importanza e fama all’interno di una dinamica corale.
Nel caso spinoziano, l’elaborazione dell’idea di Dio è sicuramente stata influenzata, sia direttamente che indirettamente da altri grandi pensatori del tempo. Tra questi si possono citare Uriel da Costa, che lavora ad una riforma ebraica e riscrive i testi della Torah, Pieter Balling, colleggiante che rifiuta la mediazione di ogni autorità ecclesiastica e che crede nell’importanza di sviluppare una conoscenza diretta del testo biblico.
Si può fare dunque un paragone tra la rete di conoscenze e pensieri del circolo di Spinoza e la così detta “teoria della complessità”: a partire da vari fattori si crea un tutto che ha proprietà diverse dalle varie parti. Nasce una nuova filosofia unica e innovativa.