Moby Dick
Pubblicato nel 1851, è un’opera mastodontica, nello stesso tempo un appassionante romanzo di avventure e una potente allegoria del conflitto eterno tra l’uomo e le forze misteriose della natura. Rimane uno dei più noti libri della letteratura americana. Il romanzo, però, non ha il successo sperato: ignorato tanto dal pubblico quanto dalla critica porta inesorabilmente il suo autore a un progressivo oblio nel mondo delle lettere.
Herman MELVILLE (New York 1819 – New York 1891), tra le maggiori personalità dell’Ottocento americano, esplorò problematiche basilari dell’esistenza quali il rapporto tra uomo e natura, l’essenza del male. Tali temi sono compiutamente espressi in Moby Dick (1851), che solo a distanza di molti decenni verrà indicata come una delle maggiori opere della narrativa di tutti i tempi. In essa, la dissennata caccia del capitano Akab alla balena bianca acquista i contorni di un dramma faustiano in cui l’uomo, nel tentativo folle di trascendere i limiti propri della sua condizione, condanna sé stesso e i suoi seguaci alla morte. Dopo la pubblicazione di “Moby Dick” (1851) la sua popolarità declinò e, alla sua morte, Melville era quasi completamente dimenticato. Oggi le sue opere vengono rilette, ripubblicate, hanno nuovo lustro, e “Moby Dick” acquista finalmente il posto che merita tra i capolavori della letteratura mondiale. Melville, però, non lo saprà mai.