Un team della Sapienza ha realizzato per la prima volta lo schema per incrementare esponenzialmente l’efficienza dei simulatori fotonici quantistici.
Il computer quantistico è una delle “pietre filosofali” della fisica moderna. E’ un dispositivo che permetterebbe di effettuareoperazioni di calcolo a velocità impensabili per i dispositivi classici, sfruttando le leggi che regolano i sistemi microscopici. La sua realizzazione richide un salto tecnologico ben al di là delle attuali possibilità e metterebbe in crisi uno degli attuali fondamenti della teoria computazinale: la Tesi di Church-Turing Estesa. Questa tesi afferma che qualsiasi sistema fisico effettui una qualche computazione è replicabile da una Macchina di Turing (ovvero dai computer oggi disponibili).
Realizzare un dispositivo con capacità superiori a quelle di un computer classico, che ci porterebbe nel regime di “supremazia quantistica”, sembra un traguardo sempre più vicino, anche grazie alle attività di ricerca Sapienza. Si tratterebbe di realizzare il più semplice dispositivo contenente “l’essenza”, se non le piene capacità, della supremazia quantistica: costituirebbe il primo esempio embrionale di computer quantistico.
Un contributo in questo senso è arrivato dai fisici del gruppo di Informazione Quantistica della Sapienza di Roma, in collaborazione con l’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie – CNR e con L’Universidade Federal Fluminense in Brasile, appena pubblicato dalla rivista americana Science Advances.
Già nel 2010, due ricercatori del MIT, Scott Aaronson ed Alex Arkhipov, hanno dimostrato teoricamente che un dispositivo costituito da alcune decine di fotoni che interagiscono all’interno di un circuito ottico è in grado di eseguire un algoritmo di campionamento, noto come Boson Sampling, che non può essere replicato dai migliori computer classici di oggi. Il problema principale rimane l’implementazione dell’algoritmo e la tecnica di generazione di fotoni: l’attuale tecnologia utilizza potenti impulsi laser focalizzati su speciali cristalli, ma una singola sorgente di fotoni di questo tipo agisce in maniera probabilistica e non rende possibile prevedere il momento esatto in cui il fotone sarà generato, nè consente di estrarre più di due fotoni per volta. Due team di ricerca dell’Università di Bristol ed Oxford hanno perciò pensato ad una batteria di sorgente in parallelo, ciacuna connessa ad un differente input del circuito ottico. Di quest’idea, denominata Scattershot Boson Sampling, il team condotto da Fabio Sciarrino, ha messo a punto la prima realizzazione sperimentale, costituita da sei sorgenti di fotoni connesse in parallelo ad un circuito ad un circuito ottico. L’utilizzo di sei sorgenti in parallelo costituisce un avanzamento sperimentale di notevole efficacia, che ha dimostrato la fattibilità in principio dello schema, indicando lo Scattershot Boson Sampling come uno dei migliori candidati al raggiungimento del traguardo della supremazia quantistica.
La riuscita dell’esperimento è stata possibile grazie alla sinergia fra l’utilizzo delle tecniche più avanzate della fotonica integrata e dell’esperienza del gruppo di Roma nell’utilizzo di sorgenti multiple di fotoni. In aggiunta, sono stati utilizzati protocolli di controllo della validità dei risultati.
La ricerca è stata finanziata, per il quinquennio 2012-2017, dallo European Research Council mediante il progetto 3D-QUEST coordinato da Fabio Sciarrino, nell’ambito del programma “IDEAS”, e dal progetto europeo QUCHIP iniziato nel 2015 e della durata di tre anni.
L’obiettivo del progetto QUCHIP è di sviluppare nuovi dispositivi di fotonica integrata in grado di manipolare la propagazione dei fotoni al fine di realizzare un simulatore quantistico.
Il team dell’Experimental Scattershot Boson Sampling è costituito da Marco Bentivegna, Nicolò Spagnolo, Chiara Vitelli, Fulvio Flamini, Niko Viggianiello, Ludovico Latmiral, Paolo Mataloni, Daniel J. Brod, Ernesto F. Galvao, Andrea Crespi, Roberta Ramponi, Roberto Osellame e Fabio Sciarrino.
Teresa Bottai