«Studiate e appassionatevi» raccomanda ai giovanissimi che vogliono intraprendere una strada uguale o simile alla sua. E di passione, Valerio Nicolosi, videomaker e fotogiornalista freelance, ne ha da vendere. Basta guardare la luce che brilla nei suoi occhi quando racconta del suo lavoro. Quando spiega cosa c’è dietro ai suoi scatti. Una luce che rimane anche quando si tratta di abbassare la voce e raccontare cose meno piacevoli, più pericolose e rischiose, affrontate a sangue freddo. Assuefatto dall’adrenalina del momento.
Lo scorso mercoledì mattina al primo piano della sede del Coris de La Sapienza, Nicolosi ha incontrato gli studenti, in compagnia del professor Christian Ruggiero e del collega de Il Salto Daniele Nalbone. Una testimonianza diretta e molte dritte, più che una standard lezione universitaria, su come raccontare le persone e le loro storie attraverso immagini e girati. Valerio ha viaggiato in lungo e in largo per il mondo. Adesso, posti come Gaza li definisce “casa”, ma la prima volta non è stato semplice nemmeno per lui. Ha imparato a muoversi con la giusta attenzione in posti in cui da un momento all’altro potrebbe esplodere una bomba, conquistando la fiducia di chi gli faceva da guida e delle persone del posto, senza mai mettere a rischio le loro vite. Prima di ogni partenza, la preproduzione è fondamentale: tanto studio, preparazione e giusti contatti. “Devi arrivare lì sapendo quasi già tutto”, ha detto.
Ma la preparazione e lo studio “non valgono solo sul fronte di guerra, ma ovunque se si parla di inchiesta o di reportage”, ha aggiunto Nalbone, “Non puoi mai arrivare, accendere la telecamera e filmare. Devi conoscere quelle persone”. L’altra questione è: in che fase è il giornalismo? “Non si può più pensare di partire alla cieca, trovare la storia e tornare, perché nel frattempo quella storia è già arrivata ed è già stata raccontata da giorni”. Partire con le idee chiare, quindi, è un altro passaggio fondamentale prima di intraprendere la strada del reporter.
Nicolosi ha anche parlato del suo ultimo lavoro, “Resistenze” (puoi leggere tutto qui) e di quante persone ha incontrato. Quante storie sentite o vissute in prima persona nel giro di dieci anni o poco più prima di ritornare a Roma.
Ha raccontato di quando per 7 minuti non è rimasto vittima dell’attentato alla metropolitana di Bruxelles: “Ero appena uscito dalla metro per andare verso l’aeroporto. Mi avevano avvisato che stava succedendo qualcosa, ma a metà strada ho notato che le ambulanze e la polizia tornavano indietro, tornavano verso la metropolitana. Ho fatto inversione e mi sono precipitato sul posto.”
La storica notte del Bataclan, invece, appena arrivata la notizia della tragedia, ha preso un treno da Bruxelles a Parigi: “Funziona così, io sono un freelance. È per questo che non mi piace mai star fermo o lavorare per le istituzioni”.
A giugno, Valerio e Daniele prenderanno un aereo insieme: direzione Gaza. I rischi ci sono anche questa volta. Ma quanti se ne corrono ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, in quei posti si realizza quando si rimane da soli. Di notte, in camera, a fissare il soffitto. “Realizzi, piangi, scarichi tutto e il giorno dopo ricominci. Quando sei sul posto non puoi pensare a niente, non hai tempo.”
Il tempo arriva dopo, lentamente. Nemmeno un secondo per scattare una foto e forse un’intera vita per sapere realmente cosa racconta quel pezzo di carta. Muto, senza dire neanche una parola.
Carmen Baffi