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Vent’anni di sport in Italia: tra statistica e politica un racconto del nostro Paese

Martedì 30 gennaio nell’Aula Gini della facoltà di Statistica si è tenuto Venti anni di sport in Italia, workshop dedicato all’analisi dell’evoluzione del fenomeno sportivo in Italia dal 1995 al 2015, alla luce dei dati delle Indagini Multiscopo dell’Istat.

L’incontro si è aperto con i saluti del Magnifico Rettore Eugenio Gaudio che ha riflettuto, da medico prima che da rappresentante dell’Istituzione, sulla tendenza paradossale che si sta manifestando nel nostro Paese: se da un lato gli anziani sono sempre più attivi sul fronte dell’attività fisica, sia essa intensiva o amatoriale, principalmente con lo scopo di invecchiare in salute e allungare il più possibile l’aspettativa di vita, dall’altro i giovani praticano sempre meno sport, complici le nuove tecnologie. Il paradigma dell’attività sportiva in Italia infatti si configura come una parabola: dall’iperattività della fascia d’età 3-10 anni, quella dei bambini spinti dai genitori ad impegnarsi il più possibile, si assiste ad un drastico abbandono della pratica sportiva nei giovani tra i 18 e i 25 anni, dove in media il 30% si dichiara sedentario.

Come ha sottolineato la Dott.ssa Vittoria Buratta, Responsabile del Dipartimento per il coordinamento tecnico – scientifico,  l’Istat conduce da quarant’anni indagini sociali a riguardo, particolarmente importanti perché vanno spesso ad interfacciarsi con le Istituzioni, che hanno il compito di garantire a tutti la possibilità di accedere a servizi che permettano loro di praticare attività fisica, senza distinzioni dettate da possibilità economiche o luogo di residenza. In questo senso salta all’occhio l’allarmante squilibrio territoriale tra nord e sud che si verifica nel nostro Paese, rilevato già nel 1995 e che invece di ridursi continua a crescere: in Trentino – Alto Adige pratica sport il 65% della popolazione, in regioni come la Sicilia o la Campania appena il 23%. Solo fattori culturali o incide anche una disattenzione alle politiche sportive?

Inoltre sono ancora cospicue le differenze di genere. Se infatti in ambito agonistico le donne sono sempre più protagoniste – principalmente grazie alla riforma del sistema militare che ha concesso loro di poter lavorare nell’esercito, infatti i 4/5 delle medaglie olimpiche dell’Italia sono state conquistate da atleti provenienti dall’arma – nella vita quotidiana si allenano in media la metà degli uomini.

L’incontro è stato anche l’occasione per salutare il Prof. Enzo D’Arcangelo, per cinquant’anni una delle colonne portanti del Dipartimento di Statistica, che ha animato con la sua lunga attività didattica, di ricerca e gestionale. Una sala gremita e commossa ne ha ricordato le qualità umane e professionali, senza dimenticare l’impegno politico che l’ha sempre caratterizzato, nato proprio nei collettivi dell’università in quegli anni poetici ma feroci, tra il ’68 delle rivolte e i movimenti del ’77, tra la gioventù irrequieta e viva e il terrorismo. Storia recente che l’Università deve raccontare, per ricordare anche a se stessa che prima che sulle nozioni, è fondata sulle idee e il coraggio di chi si è impegnato per renderla migliore.

Ludovica Marafini