Professor Frajese su Teologia politica e democrazia moderna
La lezione si è tenuta nel bellissimo edificio di Villa Mirafiori, sede del Dipartimento di Filosofia della nostra Università. La conferenza porta il titolo La teologia del potere indiretto dei papi e la sua critica nel Leviathan.
La lezione gentilmente tenuta dal docente Vittorio Frajese, si inserisce nell’ambito del Seminario permanente di Storia della filosofia del Dottorato in Filosofia, quest’anno il tema principale è stato quello della Teologia politica e democrazia moderna.
Il seminario è stato organizzato e gestito dai professori Anna Lisa Schino e Fiormichele Benigni.
L’ospite, il professor Vittorio Frajese è professore associato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia della Sapienza e si occupa, e si è a lungo occupato, di censura in Italia e di potere religioso.
L’intervento del professore ha visto un’interessante spiegazione per quanto riguarda il potere della Chiesa, secondo la dottrina ecclesiastica.
Il docente ha dibattuto con alcuni dei ragazzi in aula.
Una domanda che gli è stata posta ha visto il professore rispondere alla domanda di una studentessa che ha chiesto se il potere politico può rinunciare a quello educativo. “Se il potere politico può rinunciare a quelle educativo è bella domanda” ribatte il professore.
Si esce dal mondo dei testi e della dottrina politica. È un problema, secondo il professore, il potere politico ha implicita una certa educatività, però una cosa è farne il fine e fondamento del potere e un’altra cosa è la conseguenza inevitabile dell’esercizio della potestà. Israel, storico francese, che distingue girondini e montagnardi. Il potere dei montagnardi come potere educativo, una sinistra rivoluzionaria, mentre quello dei girondini dovrebbero essere di istruzione. Sul piano teorico è chiara, ma sul piano pratico è molto più difficile.
Un altro studente pone invece una curiosità di tipo storico, se potere storico teorizzato da Bellarmino tragga da sé la potenza di imporre i propri mezzi.
Il docente in questo caso spiega che ha il diritto, ma non la potenza, questo gli obietta Hobbes. La Chiesa non può rivendicare diritto se non ne ha la capacità.
L’incontro termina con la ripresa di un fatto storico. Papa Sisto X dice che Enrico di Borbone, ugonotto, non ha diritto di salire sul trono di Francia: pronuncia una sentenza politica, non morale. Enrico IV si è convertito per diventare Re. La questione però vede un cavillo importante, il futuro re si convertì due volte, da cattolico e ugonotto e viceversa. Il diritto canonico non concedeva due conversioni, perdona una sola volta, secondo la regola dell’Inquisizione.
Per Enrico IV quindi si mobilitano storici per farlo diventare re e il diritto canonico fa eccezione.
Qui la conversione è prettamente politica. Ma c’entra il diritto, non la coscienza e il foro interno.
Studiosi dell’Inquisizione hanno spiegato che tra foto interno e esterno non c’è mai stata una netta separazione. In età Controriformistica c’era una continua interferenza tra i due.