“Una donna dovrebbe avere una stanza tutta per sé e una rendita di cinquecento sterline l’anno”
Cosi scriveva Virginia Woolf nel suo “Una stanza tutta per sé” parlando del rapporto tra donne e romanzo e interrogandosi sull’assenza di scrittrici nella storia letteraria. Uno spazio, di pensiero e di scrittura, che storicamente non è stato concesso alle scrittrici che, estromesse dal canone letterario, sono state condannate all’oblio, fino a pensare persino che in precedenza non ne fosse esistita alcuna.
A dare spazio e indipendenza a scrittrici italiane “dimenticate”, ci ha pensato l’evento del 18 Aprile presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, dal titolo “Per Gianna Manzini e Paola Masino”, organizzato dall’Archivio del Novecento del Dipartimento di Studi Europei, Americani e Interculturali di Sapienza in collaborazione con la casa editrice indipendente Rina Edizioni. Un incontro dedicato a queste due importanti autrici italiane per presentare la riedizione di due delle loro opere cadute nel dimenticatoio e ora nuovamente disponibili: Arca di Noè di Gianna Manzini e Racconto Grosso e altri di Paola Masino.Pubblicati per l’ultima volta rispettivamente nel 1960 e nel 1941, dopo anni di assenza Rina edizioni ha scelto di restituire ai lettori questa parte della letteratura italiana del ‘900 e , durante la presentazione, Antonio D’Ambrosio e Gaia Tomazzoli gli hanno ridato vita, approfondendone caratteristiche e le tematiche. A introdurre, la coordinatrice del laboratorio Arata e responsabile dell’Archivio, Cecilia Bello che parlando dell’Archivio come di un “laboratorio in cui le carte vivono”, ne ha ricordato la funzione di conservazione e messa a disposizione di archivi, documenti e fondi librari relativi a importanti figure e movimenti culturali del Novecento italiano ed europeo.
Stili inconfondibili e narrazioni accattivanti, sebben tra loro diverse, caratterizzano la scrittura di Manzini e Masino. Paola Masino, più conosciuta come moglie di Massimo Bontempelli che come scrittrice, è stata autrice prolifica di articoli, romanzi, racconti, poesie e libretti d’opera e la sua opera più nota al pubblico resta probabilmente “Nascita e morte di una massaia.”Parlando di Masino, Tomazzoli ha ribadito la forza e la carica innovativa di Racconto grosso e altri, una raccolta di 10 racconti in cui l’autrice prosegue la ricerca dei concetti di vita, morte, male e miseria della parabola umana. Gianna Manzini è stata considerata dalla critica novecentesca la Virginia Woolf italiana e ha avuto un ruolo fondamentale per le famose riviste “Solaria e “Letteratura”, con cui collaborava . Descritta da D’Ambrosio come “squisita, elegante, sofisticata”, il suo Arca di Noè è un bestiario, una raccolta di racconti dedicati agli animali con cui l’autrice sentiva un legame intenso.
Merito della ripubblicazione di queste autrici è di Rina Edizioni, la cui fondatrice Michela Dentamaro, è intervenuta all’evento ribadendo la necessita di colmare una lacuna esistente a livello editoriale di riproposta di autrici italiane. Da questo vuoto, nasce l’esigenza e l’intento del progetto editoriale di Rina: riscoprire e recuperare figure dimenticate, riportando alla luce l’esperienza e il contributo di quelle donne dalla voce coraggiosa, estromesse dal canone letterario e obliate. In definitiva, dare spazio e lasciare che siano le voci delle autrici a parlare per se stesse.
<<Lavoravo in una casa editrice – dice in un’intervista a RadioSapienza – e mi avevano affidato la traduzione di una reporter statunitense che era stata inviata durante lo scoppio Rivoluzione russa a raccontare. Per cui traducendo mi sono domandata: Ma italiane? >>È stata proprio la conoscenza e la consapevolezza dell’esistenza di scrittrici italiane che tra la fine dell’800 e la prima metà del ‘900 avevano vissuto eventi storici rilevanti e ne avevano scritto, a spingere Michela Dentamaro a recuperare voci di donne rimaste a lungo inascoltate.
Ricostruire una genealogia di donne scrittrici, per ricordare che la scrittura appartiene da sempre alle donne, anche se in forme e contenuti diversi da quelli stabiliti dalla norma letteraria, affinché possano anche servire da punto di riferimento per ilo futuro. A proposito di ciò Dentamaro afferma: <<Credo sia fondamentale sapere da dove veniamo, chi è venuto prima di noi e chi ha cercato di costruire un percorso. E queste scrittrici lo hanno fatto e lo hanno fatto in modo molto differente tra loro. C’è un protofemminismo molto forte e originale … e quindi ritornare a leggere e conoscere queste figure può essere una fonte di ispirazione e può farci ricredere sul fatto che qualcuna prima di noi c’è stata.>>
Un fil rouge, una storia, una discendenza matrilineare che unisce non solo le autrici del passato con quelle del futuro, ma anche la fondatrice di Rina edizioni, la figura di sua nonna e quelle delle autrici italiane defunte. Non è un caso infatti, l’origine del nome del progetto editoriale: <<Rina è il nome di mia nonna. Nonostante è una persona che io non ho conosciuto, mi ha passato dei messaggi attraverso il racconto che di lei mi è stato fatto. E quindi, dal momento che questo progetto ha un forte legame con autrici morte, per cui io sono stata “educata” da questa figura morta , ho pensato di dare a questo contenitore di scrittrici un nome di donna, semplice ed efficace.>>
Ecco che Rina diventa il nome di tutte le nonne, di tutte quelle madri della letteratura italiana la cui voce è stata considerata secondaria e rimossa per tanto tempo. Ma ora è tempo che ciascuna ritrovi il suo spazio e che scrittrici come Manzini e Masino, abbiano finalmente una stanza tutta per sé.